mercoledì 13 luglio 2011

La fabbrica dei cervelli

L'ingresso monumentale e' presidiato da due poliziotti oziosi e da una sbarra blocca-traffico. Un passo al di la', e comincia una citta' nella citta'. Addio motori rombanti e fumi venefici. Il viale si fa ampio, lunghissimo, rettilineo, a perdita d'occhio; ricco di alberi, di ombra e di aiuole. E soprattutto, a esclusivo uso pedonale: una parola che qui ad Accra ha un sapore rivoluzionario, e per questo doppiamente apprezzato. Sulla strada scorrono sciami di ragazzi e ragazze con le borse a tracolla e l'argento vivo addosso. I cartelli con le frecce smistano l'utenza fra le decine di vie traverse che conducono ai vari uffici e dipartimenti. E' tutto cosi' strano, silenzioso, organizzato... e addirittura pubblico. E' il campus della gloriosa University of Ghana, il piu' grande ateneo nazionale, che dal 1940 catalizza le energie culturali di un intero paese.
Il mio cicerone Kennedy manco a dirlo ha degli agganci anche qui: da dietro una siepe della citta'-studi incantata fa spuntare John Bosco (un nome da ultra' salesiano) e suo cugino Eliawh. Entrambi si sono trasferiti dal nord del Ghana per venire a studiare ed abitare nel campus. "Per chi arriva da fuori non e' facile guadagnarsi un posto - mi spiegano i ragazzi - solo a chi supera un test di ammissione viene assegnata una camera nelle foresterie dell'universita'''. Eliawh studia geografia, John Bosco invece e' impegnato in un dottorato in scienze politiche, e nel frattempo fa la gavetta come assistente di un professore. Tutti e due fanno a gara per presentarmi le palazzine sedi delle facolta' e dei centri studi. Tutti e due sono orgogliosi di far parte dell'esercito in continua espansione degli universitari di Accra. Quest'anno gli studenti sono 12mila. Ma i lavori di ammodernamento e ampliamento delle strutture continuano senza soste. Due nuovi ostelli sono stati inaugurati la settimana scorsa, e altri due sono in corso di ristrutturazione. Facile prevedere che il numero delle matricole dei prossimi anni sia destinato a lievitare, e non di poco.
Visitare questo posto e' uno spot del Ghana clamoroso, agli occhi di un occidentale. Capisco come si stia evolvendo la fame di questo popolo che, dopo essersi messo alle spalle la lotta per la sopravvivenza, sta cominciando a prendere a morsi l'universo della conoscenza. "Abbiamo bisogno di avvocati, il sistema giudiziario sta camminando a passi da gigante". Anche nelle campagne la gente inizia a chiedere giustizia al tribunale statale anziche' ai capi tribali. Tempi duri invece per i laureandi in lettere (a chi lo dicono...) che si stanno rivelando in sovrannumero rispetto alle possibilita' di assunzione delle scuole. "E' una grande sfida per la nostra economia - sottolinea Eliawh con un velo di preoccupazione - riuscire ad assorbire questa massa crescente di laureati. Il Ghana deve cambiare pelle, per ora il 55% della forza lavoro e' impiegata nell'agricoltura, noi colletti bianchi abbiamo bisogno di piu' industria e piu' servizi".
John Bosco mi guida dentro la sterminata biblioteca universitaria. Il catalogo e' informatizzato, ci sono anche i computer per navigare sul web; per la connessione wireless bisogna aspettare, ma forse neanche cosi' tanto. "In questa stagione non ci sono corsi, per questo vedi cosi' pochi ragazzi sulle scrivanie; ma di norma tu vedessi che battaglia. Le aule studio con l'aria condizionata sono poche, e tutti ce le contendiamo". L'arredamento come al solito e' molto, molto vintage; ma in compenso il materiale librario a disposizione non manca. Nel reparto riviste ci sono pile di Economist e Newsweek da leccarsi i baffi; passare oltre per me e' una prova di volonta'. Ma d'altra parte lo stomaco inizia a brontolare, e i ragazzi vogliono ancora farmi vedere il centro sportivo, il pub, il servizio postale interno e gli alloggi dei professori.
Ci abbuffiamo di riso, pollo fritto e calcio parlato. Il Ghana ci sta rincorrendo anche nel mondo del pallone. E questi ragazzi il Ghana ce l'hanno nel cuore. A nessuno di loro passa per la testa di reinventarsi una vita in Europa. Ma nello stesso tempo ognuno di loro e' consapevole del futuro incerto che li aspetta dall'altra parte del cancello. "Abbiamo le materie prime, la terra fertile, l'oro, il cacao, ora anche il petrolio. Ma non siamo capaci di sfruttare le risorse a dovere. Con tutto il cacao che abbiamo potremmo metterci a produrre cioccolato ed esportarne piu' di quanto fa la Svizzera. Ma per ora di industrie non se ne vedono. E anche nel settore pubblico dobbiamo vincere la malattia delle raccomandazioni. In giro si respira tanta democrazia, e allo stesso tempo una corruzione spaventosa. Noi non abbiamo santi in paradiso, ma vogliamo vivere la nostra vita, senza abbassare la testa". I loro progetti coraggiosi mi contagiano: sono le gambe con cui il Ghana insegue la sua primavera magica di pace e di giustizia sociale.           

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