giovedì 21 luglio 2011

La citta' dell'oro (nero)

C'era una volta una anonima citta' di porto del golfo di Guinea. Gia', una volta. Perche' da una manciata di anni a questa parte la musica non e' piu' la stessa. Dal 2007, per la precisione, quando in mezzo al mare, 150 km a largo della stessa citta', le sonde dei cercatori di petrolio fecero bingo. Una scoperta importante, un giacimento di prima grandezza. E fu cosi' che il nome di Takoradi comincio' ad entrare negli atlanti che contano, e non solo: anche sulla bocca degli analisti finanziari, nella lista della spesa dei piu' importanti colossi energetici, al centro dei sogni di politici, ingegneri e comuni mortali del nord, del centro e del sud del Ghana.
Al sogno mirabolante non e' seguito un brusco risveglio. Tutt'altro. Lo stato ghanese e' entrato in societa' con tre compagnie petrolifere e ha fatto partire i lavori in mare aperto. A tempo di record sono state allestite le piattaforme di supporto ai pozzi petroliferi, e a novembre 2010 il primo barile di petrolio ghanese ha visto la luce. Il sogno, insomma, sta mettendo radici profonde. E molto lucrative. Il governo di Accra nella gestione del tesoretto pare aver dimostrato tutto il suo patrimonio di maturita' e scaltrezza che lo differenzia da altri paesi africani (come la Nigeria) ricchi si' di petrolio ma non di petroldollari. Il Ghana ha dato il benvenuto alle compagnie petrolifere, depositarie del necessario know-out, ma allo stesso tempo nei contratti di partnership si e' assicurato piu' del 50% delle future entrate. Proprio a fine anno arrivera' nelle casse dello stato il primo assegno di 500 milioni di dollari. Ma siamo ancora lontani dalla produzione a pieno regime, e nel frattempo le esplorazioni continuano. Gli esperti prevedono che il bengodi del petrolio di Takoradi possa durare per piu' di 20 anni, portando complessivamente in dote alla pubblica amministrazione la bellezza di 40 miliardi di dollari. Una somma considerevole gia' ai fini di una manovra tremontiana. Figuriamoci per uno stato come il Ghana, dove il costo della vita e' la meta' che da noi, quindi quei soldi e' come se fossero il doppio. Se allora il governo sapra' investire a ragion veduta nei settori chiave dello sviluppo (dall'educazione alla salute alla ricerca ai trasporti pubblici), il bonus dell'oro nero potra' rivelarsi un potente moltiplicatore di benessere. Altrimenti, se a prevalere fossero la corruzione e le logiche spartitorie, una colossale opportunita' andrebbe sprecata.
La storia emettera' i suoi verdetti. Nel frattempo la societa' ghanese, e in particolare gli abitanti di Takoradi, stanno alla finestra. E alzano gli occhi al cielo ogni volta che un elicottero si libra in cielo: "vedi gli elicotteri gialli? - mi indica un tassista - fanno su e giu' per trasportare gli addetti fino alla piattaforma petrolifera in mezzo al mare". Quando dico al driver di lasciarmi giusto davanti alla sede della Tullow Oil (la compagnia britannica in prima linea nei lavori di estrazione per conto del governo) lui non si sorprende: "I bianchi vogliono andare tutti li'". Gli uffici della multinazionale del petrolio in effetti sembrano una specie di ambasciata dell'occidente in territorio straniero. Le macchine nel parcheggio sono tutte fuoriserie fiammanti. E le misure di sicurezza fanno girare la testa: vigilantes a grappoli, portineria, sbarramento, seconda portineria, altro sbarramento. Mi fanno riempire un modulo, mi mettono al collo un tesserino di riconoscimento, mi lasciano a bagnomaria in una sala d'aspetto con tv al plasma sintonizzata sulla Bbc. Poi arriva un ragazzo ghanese della mia eta' con la divisa aziendale e un sorriso affabile. Mi porta in una saletta e ascolta le mie richieste. Si presenta velocemente, mi parla del suo periodo di studio a Manchester e della sua grande occasione alla Tullow, che l'ha sospinto da una regione rurale dell'ovest fino a Takoradi. Mi precisa pero' che lui lavora nel ramo businness, mentre gli unici autorizzati a rilasciare interviste sono quelli dell'area comunicazione. Mi scrive il nome del responsabile relazioni esterne, accennandomi che in questo momento sta partecipando a un convegno in un albergo di lusso in riva al mare. "Se hai fortuna riesci a farci una chiacchierata nella pausa pranzo". Non ho niente da perdere e non ho altro da fare. Cosi' decido che la mia caccia all'addetto stampa puo' cominciare. 
Altro taxi, altro quartiere. Dalla zona industriale passo a quella residenziale, coi villoni e con gli hotel da 4 stelle in su. Gli alberghi sono tantissimi, e nel frattempo mi sono dimenticato il nome di quello della conferenza. Ci vogliono 4 tentativi a vuoto e l'assist decisivo di una guardia privata in motocicletta (con tanto di passaggio scroccato senza casco) per arrivare finalmente a destinazione. Il piazzale dell'hotel Raybow e' tappezzato di bandiere ghanesi  e militari in servizio: c'e' un puzzo di politici da far spavento. Le hostess strafighe consegnano gadget ai partecipanti sulla soglia della conference hall. All'interno (vedi foto) la sala e' gremita: tanti giornalisti, altrettanti bellimbusti e anche parecchi white men come me. Aveva ragione il tassista.
Il convegno volge al termine, e l'intervento conclusivo spetta alla ministro dell'ambiente, il cui discorso e' anticipato da un pacchianissimo stacchetto di trombe. I soliti applausi inondano la solita fiera delle buone intenzioni: il petrolio grande opportunita' di sviluppo, la valorizzazione dell'ambiente costiero come principale voce di utilizzo delle entrate petrolifere, eccetera, eccetera, eccetera. Tempo poco e arriva il momento piu' atteso da tutti i convenuti: il pranzo luculliano a  bordo piscina. Una banda di bonghisti ravviva l'atmosfera mentre una pletora di camerieri si prepara a cannoneggiare di portate le decine di convegnisti. Io mi lancio su una delle hostess strafighe mostrandogli il bigliettino col nome del mio uomo. Il gioco e' fatto. Un tipo da spiaggia con collanone d'oro e tunica amaranto mi si para davanti all'improvviso. "Kennedy Nunoo, nice to meet you". E' lui. Mi concede un quarto d'ora. Io gli chiedo se il disastro ecologico della piattaforma petrolifera off-shore in Louisiana lo scorso anno non ha mandato un messaggio sinistro anche a loro. Lui risponde ribaltando la frittata: "Da quella vicenda abbiamo ricavato delle lezioni utili. E poi avere i pozzi lontano dalla costa ha dei vantaggi importanti. Per esempio non c'e' il rischio delle operazioni di sabotaggio in stile Nigeria". E coi pescatori come la mettiamo? "La piattaforma e' talmente lontana da Takoradi che le nostre attivita' non entreranno in collisione con la gittata dei piccoli pescherecci di qui". Sara'. Ma la notizia che il signor Nunoo tiene a sottolineare e' un'altra. "La Tullow Oil crede cosi' tanto nel rapporto con questo paese che ha deciso di aprire una filiale ghanese della compagnia, quotata alla Borsa di Accra a partire da fine mese". Notiziona che a me sinceramente interessava il giusto. Piu' che al ritorno economico per gli azionisti della Tullow o al numero di barili estratti giornalmente, infatti, il popolo preferisce pensare ai chilometri di nuove strade, ferrovie e fognature al servizio di citta' e villaggi; alla qualita' dell'acqua del mare di Takoradi e al mantenimento della sua fauna ittica; alle nuove possibilita' di spesa dello stato e all'implementazione di nuove politiche sociali, sanitarie e del lavoro; cosi' da spargere i dividendi petroliferi fin nei meandri piu' sperduti della nazione. La partita piu' importante e' appena cominciata. In bocca al lupo, Ghana.  

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