sabato 31 dicembre 2011

A cercar fortuna in Ecuador



Sfogliando le cronache genovesi del Secolo XIX sono inciampato in un reportage sorprendente. E' la storia di due italiani di mezza età, un muratore e un idraulico, che prima hanno sposato due donne ecuadoriane, e poi hanno fatto vari viaggi in Ecuador, innamorandosene al punto tale da decidere di trasferirsi con tutta la famiglia nel paese andino di provenienza della moglie. Tutti e due hanno fatto le cose per tempo: comprato la casa, ottenuto i documenti di residenza, stabilito contatti per cominciare a lavorare oltreoceano. E ora sono pronti per il viaggio di sola andata Genova-Guayaquil.


Il rapporto fra queste due città di porto, una mediterranea e l'altra sudamericana, è divenuto saldissimo grazie alla rotta migratoria che ha portato negli ultimi 15 anni più di 30mila ecuadoriani sotto la Lanterna. Ora però il senso di marcia sembra essersi invertito. Dietro la storia da copertina delle due coppie miste di cui sopra, ci sono le scelte di tante altre famiglie ecuadoriane che stanno preparandosi al rientro in patria. A Genova, riporta l'autrice dell'articolo Domenica Canchano, sono sorte due agenzie immobiliari specializzate nel mercato delle case di Guayaquil: e l'aumento del loro giro d'affari pare inversamente proporzionale rispetto all'intensificarsi della crisi economica italiana.
"Non vedo l'ora di iniziare la mia nuova vita in Ecuador - racconta alla cronista Pasquale Altamura, il muratore migrante contromano - nei 6 viaggi che ho fatto con mia moglie ho trovato un paese in continuo sviluppo. Si vive bene, c'è possibilità di lavorare, la qualità della vita è alta e i rapporti di vicinato sono pieni di solidarietà, un po' come l'Italia di una volta. Sono convinto che si troverà bene anche mia figlia Rebecca, che ha 8 anni ma grazie a mia moglie ha già imparato bene lo spagnolo". Con 40mila euro a Guayaquil si compra una villetta in zona residenziale. Non male, tanto per cominciare. "E poi per chi vuole espatriare in Ecuador non ci sono problemi burocratici: il governo mi ha dato subito residenza e carta di identità, altro che permessi di soggiorno e viaggi della speranza". Per gli ecuadoriani immigrati, invece, il governo ha stanziato un fondo apposito per sostenere economicamente le operazioni rientro: basta fare richiesta nei vari consolati; anche in quello di Genova, dove sono state già attivate decine di finanziamenti a fondo perduto. "La crisi economica qui a Genova - confessa Pasquale - mi ha dato la spinta finale a partire. Il lavoro come muratore continua a non mancarmi, il problema però è coi pagamenti. L'avvocato non fa che mandare lettere su lettere ai miei clienti, non si poteva andare avanti così".
Il confronto fra Italia ed Ecuador è impietoso. Da una parte c'è un paese - il nostro - sempre più ridotto alla canna del gas, condannato alle politiche di austerity montiane in ossequio ai grandi sacerdoti tedeschi dello spread. Dall'altra un paese diverso - il loro - in netta ripresa, che dal cappio del debito pubblico ha saputo liberarsi con coraggio e decisione. Il merito è dell'attuale presidente Rafael Correa, che nel 2008 ha dichiarato il default sul debito estero del suo stato: i 10 miliardi ripudiati dall'Ecuador sono una bazzecola rispetto ai quasi 2mila miliardi di debito italiano; per il piccolo paese sudamericano invece sono stati determinanti, per riportare sotto il controllo statale l'economia petrolifera (spolpata negli anni precedenti dalle privatizzazioni dettate da Washington) e rilanciare la spesa sociale e le politiche per l'occupazione. Così il controesodo è destinato a proseguire, con tanto di cappello all'Ecuador e agli ecuadoriani, e in attesa che anche l'Italia (o meglio, l'Europa) trovi il suo Correa per ricominciare.
Tommaso Giani
         

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