giovedì 14 luglio 2011

Accra lato B

Questa vacanza ad Accra e' un'esperienza straordinaria. Difficile trovare un modo piu' azzeccato di spendere 1000 euro. Ogni incontro e' una scoperta, ogni passo un insegnamento, ogni giorno una novita'. Ma forse questo mio entusiasmo sperticato e' in buona parte frutto di una prospettiva parziale, edulcorata, falsificante. Quella del turista per caso. Cosa cambierebbe se invece che per una settimana questa citta' fosse casa mia per tutto l'anno? E anche per quello dopo? E quello dopo ancora? Cosa vuol dire davvero abitare qui?
Per rispondermi devo iniziare con un dato molto crudo quanto illuminante: l'87% delle famiglie ghanesi vive senza bagno; o spunta una latrina nelle vicinanze, oppure bisogna ripiegare nel fosso sul ciglio della strada. Da queste parti per essere un "borghese di merda" basta avere un cesso a disposizione. Kennedy e sua sorella Veronica ne hanno addirittura due, di bagni, con sanitari dotati di tutti i crismi del primo mondo. La gente del quartiere non si sara' quindi meravigliata nel constatare che l'unico white man di stanza a Nungua e' andato ad accasarsi - guarda caso - nella loro villetta davanti alla spiaggia. L'abitazione di Kennedy non e' l'unica all'occidentale delle vicinanze. In ogni caso lo stacco visivo coi tuguri dei vicini di casa resta impressionante. Tettucci in lamiera, stanzette spoglie e manco intonacate, materassi sul pavimento e, per l'appunto, servizi igienici assenti.
Le differenze di censo e di stile di vita dei cittadini di Nungua tornano in compenso a livellarsi quando si esce di casa e si entra negli spazi comuni. Le strade, ad eccezione del vialone di grande comunicazione, sono tutte e per tutti in terra battuta, prive di asfalto e di dignita'. Non ci sono le fognature, cosi' basta mezza giornata di pioggia per creare l'effetto speciale (ma molto poco poetico) stile laguna di Venezia. Le strade diventano la regione dei grandi laghi. Per guadare le pozzanghere giganti bisogna inventarsi dei giri peschi assurdi. Il fango e' dappertutto, e, per i meno abbienti, perfino dentro casa. Un autentico paradiso per i ranocchi di ogni eta', che la sera dopo cena (una volta liberi dallo stalking di galli, galline, cani e conigli che popolano i vialetti del quartiere) esternano l'apice del loro godimento con un concerto ad altissimo impatto sonoro.
A livello estetico l'oscar della bruttura spetta invece ai pali della luce: bassi, invasivi, vistosissimi, aggrovigliati e soprattutto esposti alle intemperie ambientali. Uno degli effetti collaterali della stagione delle piogge e' infatti il via vai della luce elettrica, che fa scappare i clienti dell'internet point e requisisce il passatempo di gran lunga preferito anche dal ghanese medio: mamma televisione.
Non c'e' da stare allegri, insomma. Ma al conto gia' salato bisogna aggiungere che Nungua non e' affatto uno dei quartieri piu' disagiati della capitale. Uno scalino sotto verso il baratro stazionano le baraccopoli. Lungo la costa se ne vedono tante, anche in pieno centro. A osservare questi slum capisci quanto e' lontana l'Europa. Almeno noi le periferie degradate le sappiamo ipocritamente nascondere sotto il tappeto polveroso delle periferie, cosi' l'occhio superficiale del turista non vede e non si scandalizza. Qui invece in periferia hanno costruito i quartieri dei ricchi: intorno all'aeroporto, o ancora piu' lontano. Il mare di conseguenza - a parte la spiaggia appena decente di Nungua e la manciata di lidi privati degli alberghi di lusso - diventa spesso il ricettacolo dell'umanita' piu' disastrata.
Nell'omblico di Accra, proprio dietro l'Art Center imbottito di cianfrusaglie etniche a uso e consumo dell'uomo bianco, Kennedy mi guida in uno degli sbocchi al mare piu' maledetti della storia. Al posto della spiaggia, si staglia una collina di rifiuti e di terra smossa estesa almeno quanto due campi di calcio. Vecchi, adulti e bambini camminano con gli occhi bassi in mezzo al fetore alla ricerca di qualche scarto da riciclare. Un manipolo di baracche cresciute come funghi velenosi fa da cornice all'insieme. Riconosco le uniformi delle scuole elementari addosso a due piccoletti che si inseguono giocando in equilibrio sul cratere.
Kennedy e' nervoso, non mi capisce, dice che se ora ci succede qualcosa lui non vuole responsabilita'. Scatto un paio di foto alla spiaggia-discarica e lui si mostra ancor piu' infastidito: ai suoi occhi in quel momento devo aver incarnato l'immagine suprema della morbosita'. Ma per me era importante vedere anche questo. Rientriamo a passo svelto dentro la cittadella finta dei turisti, dove finalmente riesco ad accaparrarmi uno dei rarissimi esemplari della mappa della citta' (quanto c'e' voluto per trovarla!). Cerco di farfugliare a Kennedy qualche spiegazione. Ma lui e' un muro. Mi perdo in una voragine di venditrici ambulanti e di interrogativi. La mia testa e' intasata come le strade del mercato di Accra.   
     

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