martedì 29 novembre 2011

Immigrazione, segnali di discontinuità


In mezzo al turbinio di spread e debiti sovrani che sta segnando la fine di un'epoca, il rischio è quello di non accorgerci più delle piccole buone notizie emergenti dal marasma nazionale. In pochi per esempio avranno fatto caso al fatto che per la prima volta nella storia repubblicana l'Italia ha un ministro per l'integrazione: Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant'Egidio. Le etichette da sole non possono e non devono entusiasmare, eppure resta il fatto che il linguaggio ha il suo peso: dietro a un modo di dire spesso c'è un relativo modo di pensare; per questo il parlare di integrazione invece che di sicurezza dischiude un orizzonte culturale diverso da quello dei precedenti governi.

 Ma la discontinuità col passato non finisce qui. Il linguaggio diverso del ministero nuovo si è riempito di significato già dalla prima uscita ufficiale di Riccardi in veste governativa. La scorsa settimana infatti il ministro ha deciso di inaugurare il suo percorso istituzionale da Castelvolturno, l'enclave black di 20mila abitanti sulla costa casertana dove la popolazione africana è addirittura più numerosa di quella italiana. Un crogiolo di popoli dalla pelle scura che pur vivendo fra mille difficoltà non si è mai arreso al destino di schiavitù ed emarginazione disegnato per loro dalla legge italiana e dalla criminalità camorristica. I migranti di Castelvolturno sono quelli schiacciati dal caporalato e da una condizione di precarietà (sia abitativa sia legale) tale da precludere loro l'esercizio dei diritti più elementari. Ma gli stessi migranti di Castelvolturno sono anche quelli che organizzano collette per i cassintegrati italiani, che cercano il dialogo, che iscenano manifestazioni, feste, scioperi, e che svegliano le nostre coscienze.
Il ministro Riccardi proprio da loro è voluto partire, con una visita alla tomba di Jerry Masslo (sudafricano ucciso a Castelvolturno 10 anni fa in un agguato senza perché) e con un incontro al centro di accoglienza della Caritas cittadina, dove si è messo in ascolto delle varie istanze sollevate dagli abitanti italiani e stranieri. Promesse facili: nessuna. E forse anche questo è un punto a favore di Riccardi, che in compenso si è impegnato a mantenere un filo diretto con la piccola Africa di Castelvolturno, e nel frattempo ha appoggiato senza se e senza ma l'iniziativa del presidente Napolitano per concedere la cittadinanza automatica ai figli di immigrati nati in Italia. Insomma, se il buongiorno si vede dal mattino, ecco che forse il sogno di un'Italia libera dalla xenofobia può tornare a portata di mano.  
Tommaso Giani

Per saperne di più: un video di 3 minuti sulla visita del ministro Riccardi nel casertano, e un precedente post del blog scritto in occasione di una mia visita con gli scout a Castelvolturno.

4 commenti:

  1. MI SEMBRA UN GRANDE SEGNALE POSITIVO RICCARDI RAPPRESENTA LA VERA NOVITA' DI QUESTO GOVERNO, NON CI USCIAMO DALLA CRISI SENZA GLI IMMIGRATI, PRODUCONO PIL, REGGONO I LAVORI PIU' UMILI E DISAGIATI, PAGANO LE TASSE E NON HANNO SERVIZI NE' PENSIONI, MI SEMBRA CHE IL LORO CONTRIBUTO SIA GIA' ENORME E POI CON L'INVECCHIAMENTO DELLA POPOLAZIONE AUTOCTONA SE NON CI SARANNO LORO CHI PORTERA' AVANTI IL PAESE? SARA' MEGLIO ACCELLERARE LA PIENA INTEGRAZIONE O SARANNO GUAI PER I NOSTRI FIGLI E NIPOTI E SPERIAMO NON SI RICORDINO QUANTO LI ABBIAMO SFRUTTATI

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  2. sulla teoria sono d'accordo ma la realtà è un'altra lo so che si rischia di passare per razzisti, seguo da un po' di tempo il vostro blog e mi piace ma mi sembra che ci sia troppo buonismo, non so dove voi abitate ma nel mio quartiere alla periferia di Firenze la sera dopo una certa ora scatta un tacito coprifuoco e Renzi non abita certo qui, sono di sinistra ma da qualche anno voto a destra per questo, e poi non tutti gli immigrati sono uguali ci sono etnie come gli zingari che non lavorano neanche se ce li costringi e chiaramente si mantengono rubando così anche molte etnie dell'est, gli africani sono migliori, non è vero che gli italiani certi lavori non li vogliono fare ma vorrebbero farli con qualche diritto il mi babbo è in cassa integrazione e non sa se riuscirà ad arrivare alla pensione, mio fratello è disoccupato, non sono schizzignosi ma vogliono almeno la paga sindacale , gli orari e i contributi, gli immigrati pur di lavorare accettano di farlo quasi per nulla e al nero, io metterei un veto su alcune etnie mentre su altre come gli affricani non limiterei e poi chiederei loro di imparare le nostre leggi e un po' della storia e della cultura di questo paese altrimenti che integrazione è?

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  3. Ciao. Se per buonismo intendi fiducia nel prossimo senza prevenzioni hai colto nel segno: questo blog si sforza ogni giorno di seminare granelli di buonismo. Sono anche d'accordo con te sul fatto che le regole di convivenza devono valere per tutti allo stesso modo, autoctoni e immigrati. Dopodiché, rifiuto categoricamente il tuo invito a ragionare "per etnie" (gli africani sono meglio degli albanesi ecc.). Anche dando per acclarato un ipotetico dato statistico che vedesse una maggior percentuale di devianza in una determinata comunità nazionale, credo che la repressione generalizzata tipo pogrom sia una pessima politica da adottare. Dire "tutti gli albanesi sono delinquenti" è un affronto alla maggioranza di loro che si sforza di vivere dignitosamente, e un rinforzo emotivo a delinquere a quei pochi o tanti che effettivamente non si comportavano bene. Credo invece che sia urgente una politica volta a rendere davvero praticabile la via degli ingressi regolari (con le leggi attuali il permesso di soggiorno prima di partire è una chimera), così da combattere seriamente la mafia dei trafficanti di uomini e i vergognosi naufragi di barconi che stanno insanguinando i nostri mari. E' giusto il tuo rilievo sui migranti che accettano lavori a condizioni umane inaccettabili: ma per l'appunto dando il permesso di soggiorno a tutti quelli che possono permettersi il viaggio in aereo toglieremmo i migranti dalla condizione di impotenza totale che spesso li costringe a chinare la testa di fronte ai soprusi (caporalato e così via). E allora la domanda sorge spontanea: a chi fanno comodo veramente i clandestini? (Tommaso Giani)

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  4. Sarà un caso, ma i luoghi più appropriati per gli insediamenti dei nomadi sono sempre i quartieri popolari. Questo non è razzismo nei confronti della povera gente? Oppure qualcuno mi verrà a dire che anzi, è un arricchimento culturale.

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(si prega la sintesi)