venerdì 4 novembre 2011

Sognando un'altra Europa


Ieri compulsando internet ho scoperto un particolare in più sul modus operandi a misura di banchiere della Banca centrale europea. Lo sapevate che la Bce ha scritto in calce nel suo statuto il divieto di prestare soldi direttamente ai governi? Io non lo sapevo. E come me sembrano non saperlo il 99% dei nostri giornalisti che ogni giorno ci raccontano degli acquisti di emergenza di buoni del tesoro italiani, greci o spagnoli da parte della Bce. I giornalisti chissà perché si dimenticano sempre di precisare da dove e da chi i burattinai di Francoforte perfezionano questi acquisti. In realtà le operazioni vengono sempre effettuate sul cosiddetto mercato secondario, o mercato dell'usato: cioè i bond sovrani vengono comprati facendo un piacerone alle grandi banche private (soprattutto francesi e tedesche) che hanno il portafoglio pieno di debiti italiani-spagnoli-greci, e non vedono l'ora di sbolognarli a prezzo favorevole a mamma Bce. Già, perchè, con le regole capestro tuttora vigenti, comprare i bond "a tassi politici" direttamente dagli stati emittenti per la Bce è fuorilegge.


 Incoraggiante, vero? D'altronde il board della Bce è controllato non dai cittadini elettori ma dalle banche private azioniste indirette (cioè azioniste delle banche centrali nazionali). Finché il potere è in mano a loro, c'è poco da sorprendersi che la politica economica e monetaria dell'Europa favorisca chi ha in mano il pallino del gioco. Così il trattamento riservato dalla Bce a banche private e governi nazionali rientra nel cliché del "due pesi due misure". Mentre nei confronti dei governi nazionali è vietato l'accesso alla liquidità, per le banche private il bancomat dell'Eurotower è sempre in funzione. Il denaro viene prestato alle banche a tassi ridicoli, inferiori all'inflazione: le banche hanno poi l'imbarazzo della scelta su dove piazzare il denaro ricevuto a buon mercato da Francoforte. Più i tassi di interesse sui debiti sovrani salgono, più il loro margine di guadagno aumenta. Nell'ultima puntata di Report hanno confermato che le prime 10 banche del mondo hanno un potere di cartello così grande da poter pilotare a loro discrezione il costo dell'indebitamento nostro e di altri paesi europei in difficoltà. Basta che agiscano di concerto, e gli spread vanno sull'ottovolante a loro piacimento.
 Questa non è l'Europa che vogliamo. I trattati e i regolamenti che snaturano a tal punto l'operato della nostra Banca centrale vanno cambiati. Solo ora cominciamo a rendercene conto. Va aumentato il potere degli organi eletti direttamente, mentre oggi il parlamento europeo (l'unico organo democratico) è la cenerentola dell'Unione. Continua invece ad aumentare il potere di altri organi comunitari non eletti: per esempio la Commissione, nominata dai capi di governo e non scelta direttamente dai cittadini. Lo sapevate che nel settembre scorso è entrata in vigore una nuova normativa che consente alla Commissione di dettare correzioni alle manovre finanziarie dei governi entrando a gamba tesa nell'iter di approvazione? Se questi "consigli", focalizzati esclusivamente sul contenimento della spesa pubblica e sulla riduzione del debito, non verranno seguiti, la Commissione avrà il potere automatico di infliggere una multa allo stato coinvolto pari allo 0.5% del suo Pil, ovvero decine (se non centinaia) di miliardi di euro. La multa potrà essere cassata in tempi molto stretti solo da una maggioranza qualificata degli stati membri. Se questo veto non arriva, i miliardi di multa verranno scalati forzosamente dai vari programmi di fondi europei destinati allo stato birichino, che non taglia nella giusta misura welfare e partecipazioni pubbliche.
Invertire la rotta non è facile. Per cambiare la Bce e liberare gli stati dallo strozzinaggio legalizzato delle grandi banche serve una riscossa in grande stile della politica. Un vento nuovo (socialdemocratico?), un'unità di intenti fra i governi dei vari stati cementata dalla pressione positiva di una società civile attenta e partecipe. In questo senso mi permetto di intravedere nella manifestazione del Pd di domani a Roma un piccolo segnale di speranza: sul palco di piazza San Giovanni il segretario Bersani ha voluto accanto a sé il candidato socialista alle prossime presidenziali francesi (Hollande) e il segretario del partito socialista tedesco (Gabriel). Leader potenziali dei governi dei prossimi anni, che per ora non si azzardano a parlare di riforma dei trattati, ma che almeno sull'introduzione degli Eurobond in sostituzione dei singoli debiti nazionali sembrano già in buona sintonia (a differenza del corrispondente trio di destra Berlusconi-Merkel-Sarkozy). Per salvare e umanizzare l'Europa, la strada maestra è affermare la condivisione di un unico destino sovranazionale. Le tue difficoltà sono anche le mie. I miei sogni sono anche i tuoi.   

   

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