domenica 13 novembre 2011

La crisi dell'euro spiegata ai ragazzi


C'era una volta Marco, un ragazzo di 20 anni ai primi anni di università. Marco aveva molte spese da fare ogni giorno, alcune importanti (come i libri, l'abbonamento del treno, le lenti a contatto), altre un po' meno (come la palestra e le cene fuori con gli amici), altre addirittura inutili o dannose (il viziaccio delle sigarette e l'hobby delle scommessine sul calcio). Per riempire il suo portafogli Marco non stava con le mani in mano. Quando ne aveva la possibilità si arrangiava con dei piccoli lavori (aiutare lo zio coi traslochi, o fare da cameriere in un ristorante il fine settimana), non era quindi un bamboccione. E' anche vero però che la sua fonte principale di entrate erano i soldi del babbo e della mamma: la famosa paghetta. Quella di Marco era una famiglia benestante. C'era stata qualche stagione in cui i genitori avevano dovuto stringere la cinghia, ma in genere le richieste di Marco venivano sempre soddisfatte, senza distinguere fra spese utili e inutili.


La svolta arrivò improvvisamente, quando Marco prese il coraggio a due mani e comunicò ai genitori una decisione importante: "Babbo, mamma, io da domani mi trasferisco. Ho una grande possibilità: mi hanno preso in un famoso college internazionale. Voglio ampliare i miei orizzonti, provare a vivere da solo sulle mie gambe, diventare grande. Per favore, non cercatemi più per un po' di tempo". Fu così che in maniera molto strana e inaspettata Marco e i suoi genitori si persero di vista. Quella del college in effetti sembrava una grossa opportunità per il futuro di Marco. In questa struttura il nostro protagonista si trovò ad abitare insieme ad altri ragazzi nelle sue stesse identiche condizioni: tutti studenti universitari pieni di entusiasmo, tutti in cerca di indipendenza dalle rispettive famiglie. Però alcuni di questi ragazzi, e fra questi lo stesso Marco, si trovarono presto in difficoltà economiche. Le opportunità dei piccoli lavori da abbinare all'università restavano. Quello che era venuto a mancare era il sostegno dei genitori: le regole del college, proprio per rispondere al desiderio dei ragazzi di diventare autonomi, vietavano assolutamente ogni aiuto economico da parte delle famiglie. Per continuare a mantenersi sul livello di spese precedente, per Marco e alcuni suoi compagni era necessario trovare un'altra fonte di entrate. Fu così che magicamente fra le mura del college si materializzò un gruppo di facoltosi uomini in giacca e cravatta: erano molto a loro agio dentro il college, anche se non sembravano parte della direzione; erano anche molto bravi nelle relazioni pubbliche, e sembravano conoscere in anticipo i problemi economici di alcuni ragazzi del college. Sapevano cosa offrirgli, sapevano come prenderli. "Caro Marco, abbiamo i soldi che ti servono - si sentì rassicurare il nostro protagonista - gli stessi soldi che ti davano i genitori, non c'è problema". Con una sola ma importantissima differenza: non si trattava più di una paghetta, ma di un prestito con tasso di interesse. Così, se ogni settimana Marco riceveva dagli uomini in giacca e cravatta 100 euro, dopo un mese avrebbe dovuto restituire quei 100 euro insieme ad altri 10 di premio (interesse) per i prestatori.
All'inizio i problemi sembravano risolti. Gli stessi soldi dei bei tempi erano assicurati, il portafoglio di Marco e degli altri suoi compagni era tornato gonfio di banconote. Fra l'altro dentro le mura spaziose del college i modi per spendere soldi non mancavano. Anzi, c'era l'imbarazzo della scelta. Merito soprattutto di un gruppetto di studenti (in particolare il secchione primo della classe insieme alla sua ristretta cerchia di amici), che rispetto agli altri compagni di studi si stava dimostrando più adatto e più preparato a cogliere i vantaggi del nuovo mondo accademico. Il secchione primo della classe e i suoi amici si erano attrezzati per offrire un sacco di servizi commerciali agli altri studenti (dalle fotocopie alla cancelleria fino al servizio bar) a prezzi vantaggiosi e soprattutto col vantaggio di non dover nemmeno uscire dal college per fare spese. Così gli altri studenti divennero clienti affezionati, e per il secchione primo della classe si trattava di affari d'oro.
I sorrisi di Marco però tornarono a rabbuiarsi non appena i prestiti cominciarono a scadere: si trattava di restituire le somme con l'interesse, e i soldi continuavano a mancare; così il nostro protagonista tornava dagli uomini in giacca e cravatta per chiedere altri prestiti. Pian piano le condizioni dei prestiti iniziarono a peggiorare: l'interesse chiesto dagli uomini in giacca e cravatta stava crescendo. Così, se all'inizio per 100 euro di prestito la somma da restituire era 110, ora per Marco in cambio di 100 euro si trattava di scucire alla data di scadenza 120 euro. Fra l'altro il destino degli studenti indebitati e quello del secchione primo della classe continuavano sempre più a divaricarsi: infatti mentre il tasso di interesse dei prestiti concessi a Marco e compagni si stava alzando paurosamente, il secchione primo della classe poteva vantarsi con gli uomini in giacca e cravatta della sua posizione di forza (lui poteva contare sugli introiti derivanti dalle vendite di cancelleria e merende agli studenti poveri); così il tasso di interesse dei prestiti erogati al secchione primo della classe anziché salire scendeva, e scendeva ancora su livelli convenienti a dire poco.
La situazione dava sempre più l'idea di assomigliare a un vicolo cieco. I piccoli lavori a Marco non bastavano più. I prestiti scadevano, i nodi venivano al pettine, il fiato sul collo da parte degli uomini in giacca e cravatta diventava sempre più pesante. Finché un bel giorno gli stessi uomini in giacca e cravatta presentarono a Marco una comunicazione severissima: "Caro Marco, visto che ora come ora non sei in grado di rimborsare i nostri prestiti al nuovo tasso di interesse, e noi abbiamo diritto a riavere i nostri soldi, da oggi sarai obbligato a vivere tutta la giornata insieme a un controllore di nostra fiducia. Questo controllore avrà il compito di seguirti passo passo nelle tue spese quotidiane, per aiutarti a risparmiare. A noi non interessa se il controllore ti farà risparmiare sulle sigarette, sui libri o sull'abbonamento del treno. A noi basta che in qualche modo i guadagni dei tuoi piccoli lavori vadano il più possibile a rimborsare il nostro prestito".

La storia si interrompe qui. E dietro questa storia c'è la nostra storia. Marco è l'Italia. I genitori di Marco sono la Banca d'Italia. La paghetta era la lira, moneta che l'Italia poteva chiedere alla Banca d'Italia a piacimento, eccetto qualche limite quantitativo da non superare: a stampare la moneta infatti non bisogna esagerare, altrimenti il valore di quella moneta diminuisce ogni volta che si vanno ad acquistare delle cose all'estero (per esempio il petrolio, che si paga in dollari); però un buon margine per stampare moneta esisteva eccome, come esiste ancora oggi per paesi "liberi" come Giappone o Stati Uniti, oberati da un debito pubblico gigantesco ma tutto sommato innocuo (loro possono stampare...). I piccoli lavori che da soli non bastano sono i soldi che l'Italia rastrella dai nostri stipendi in qualità di tasse. Il distacco dai genitori è stata la fine della lira. Il college internazionale è l'euro, la moneta unica di cui l'Italia fa parte dal 2002. Gli uomini in giacca e cravatta sono le grandi banche private del mondo, padrone del nostro debito pubblico: queste banche con loro gioia hanno preso il posto della Banca d'Italia, erogandoci i nuovi prestiti invece della vecchia cara paghetta. Il secchione primo della classe è la Germania, che a differenza dei paesi mediterranei era più preparata ad entrare nell'euro: prima del 2002 si era allenata per produrre beni più efficienti e meno costosi, introducendo milioni di contratti di lavoro precari, a tempo parziale e con stipendi di appena 400 euro al mese (i cosiddetti mini-job); da qui il gioco facile di Berlino nel vendere i suoi prodotti ai consumatori dell'Europa del sud, facendo impennare i profitti delle imprese tedesche. Il controllore chiamato dagli uomini in giacca e cravatta per costringerci a tagliare le spese e convogliare tutti i guadagni dei lavoretti sul ripagamento del debito è l'ex primo ministro Mario Monti.

Cosa succederà adesso? Davanti a noi ci sono tre strade.
2) La prima strada è provare a cambiare le regole del college, trasformando l'università in una cooperativa. Marco/Italia dovrebbe riuscire ad allearsi con gli altri studenti, molti dei quali sono finiti come lui nelle grinfie dei prestiti degli uomini in giacca e cravatta. Basta pensare alla Grecia o alla Spagna. Certo, ci sarebbe bisogno della collaborazione di tutti, anche degli studenti modello del college e del secchione primo della classe (Germania) che per ora non hanno avuto bisogno dei prestiti d'emergenza, e anzi, da questo sistema stanno accumulando grandi surplus commerciali. L'appoggio degli studenti secchioni andrebbe conquistato, se necessario, mettendo questi ultimi alle strette e dicendo loro: "Ragazzi, se non ci diamo da fare tutti insieme per cambiare le regole del college, noi studenti indebitati saremo costretti ad andare via dalla struttura, privandovi degli affari d'oro che avete fatto finora vendendoci in esclusiva cancelleria e merende".  Se il gioco di squadra funzionasse e se si applicasse una solidarietà vera, gli studenti tanto per cominciare potrebbero presentarsi tutti insieme dagli uomini in giacca e cravatta, prendendoli in contropiede dicendo: "Abbiamo deciso da qui in avanti di mettere insieme i nostri prestiti. Vi chiediamo da qui in avanti un unico grande prestito, poi penseremo noi a dividercelo". Detto in termini tecnici, si chiama Eurobond. In questo modo gli uomini in giacca e cravatta (grandi banche internazionali) avrebbero meno margine di manovra e sarebbero costrette ad abbassare i tassi di interesse. Ma questo sarebbe solo il primo passo della riscossa. Subito dopo gli studenti dovrebbero accorgersi dei rapporti sempre più loschi che intercorrono fra la direzione del college e gli uomini in giacca e cravatta. Indagando un attimo si accorgerebbero con loro sommo stupore che gli uomini in giacca e cravatta prelevano i loro soldi da prestare nientemeno che dalla cassaforte del nostro college! Vale a dire che la Banca centrale europea per regolamento finanzia a piene mani le banche senza dare un soldo direttamente agli stati membri dell'euro. Non sarebbe più giusto saltare un passaggio, e ottenere che i soldi della cassaforte (cioè della Bce) andassero direttamente agli studenti e senza tasso di interesse, invece che passare dagli uomini in giacca e cravatta che poi ci guadagnano alzando tantissimo il loro margine di guadagno? Se gli studenti andassero insieme in direzione e chiedessero di avere accesso alla cassaforte con delle regole precise (come ancora avviene per le banche centrali di Giappone o Stati Uniti), la direzione-Bce sarebbe costretta a dar loro il permesso e ad allontanare gli uomini in giacca e cravatta, visto che il college non potrebbe esistere senza studenti. Dovremmo darci da fare per ottenere che la direzione che gestisce la cassaforte (cioè la Bce) sia votata democraticamente da tutti gli studenti, che le risorse dei vari studenti vengano gestite tutte insieme (cioè con un sistema di tasse non più nazionale ma unificato), che insomma il college Euro diventi una vera cooperativa federale.
2) la seconda strada è proseguire quella che abbiamo imboccato mettendoci nelle mani del controllore mandato dagli uomini in giacca e cravatta. Il suo compito è aumentare la quota dei nostri lavoretti (cioè fare entrare più tasse nelle casse dello stato) e tagliare le spese dello stato italiano per rassicurare gli uomini in giacca e cravatta, sperando che così i loro nuovi prestiti abbiano un tasso di interesse più basso. Dobbiamo augurarci che Mario Monti (e adesso il suo degno successore Enrico Letta) sia sufficientemente umano da concentrarsi sulle spese inutili, come le sigarette e le scommesse sul calcio (fuor di metafora, le spese militari, i costi della politica e le grandi opere pubbliche) invece che su quelle essenziali come l'abbonamento del treno, i libri o l'oculista (ovvero la scuola, gli ospedali, i treni regionali). In ogni caso, indipendentemente dall'umanità e dall'oculatezza di questo controllore, io ho poca fiducia che attraverso questa strada l'Italia resti un paese a misura d'uomo. Lo stato sarà comunque costretto a impoverirsi e a rimanere schiavo dei prestiti, mentre gli italiani più poveri (i primi a dipendere dai servizi dello stato) sarebbero i primi a pagarne le conseguenze. E' la cosiddetta cura da cavallo dell'austerity, che alla lunga finirebbe per mettere in difficoltà pure la Germania, alle prese con il calo delle vendite dei suoi prodotti nel resto dell'eurozona impoverita e con un crescente risentimento nei suoi confronti da parte dei vicini paesi euro-mediterranei. Alcuni analisti prefigurano in questo caso che potrebbe essere addirittura la Germania (una volta capito che il ramo su cui si era seduta si sta spezzando) a decidere di abbandonare il college e quindi uscire dall'euro, permettendo agli altri paesi di fare fronte comune e di cambiare radicalmente la gestione della Bce: in questo modo si comincerebbero a stampare euro a tutta forza per alimentare la spesa pubblica, e il nuovo euro si svaluterebbe nei confronti del marco tedesco, così le merci italiane, spagnole, francesi, ecc. tornerebbero convenienti e gli squilibri commerciali interni all'Europa comincerebbero a risanarsi.
3) La terza via è quella che prevede un ruolo più attivo dei paesi dell'Europa meridionale (Spagna, Italia, Francia...) nel processo di superamento dell'euro. Lasciando infatti alla Germania la decisione di fischiare la fine, questa arriverebbe solo in un futuro non immediato; prima di staccare la spina infatti il grande capitalismo tedesco e il governo che esso esprime hanno tutto l'interesse a spolpare il più possibile l'osso mediterraneo, acquistando imprese italiane, spagnole, francesi a prezzi stracciati, incassando tutto il debito pubblico italiano, spagnolo, ecc. ancora da ripagare alle banche tedesche, e continuando a lucrare sul differenziale di tasso di interesse (spread) che tuttora scava un abisso fra il costo del debito pubblico tedesco e quello euro-mediterraneo (a tutto vantaggio del primo). Un ruolo più attivo da parte dei paesi del sud permetterebbe di accorciare l'agonia dell'euro e accelerare un ritorno alle monete nazionali. Sarebbe desiderabile un procedimento concertato e coordinato fra tutti i paesi del sud, in modo da evitare una fuga dall'euro in ordine sparso con possibili rappresaglie commerciali e valutarie reciproche.  
  Tommaso Giani

      

1 commento:

  1. Interessante riflessione, ma viziata. Il problema essenzialmente sta in questa frase e ciò che ne deriva: "Con una sola ma importantissima differenza: non si trattava più di una paghetta, ma di un prestito con tasso di interesse." In realtà "i signori in giacca e cravatta" c'erano anche prima, e stavano dietro i genitori-Banca-d'Italia, solo che Marco non li vedeva: in effetti Marco viveva un po' come nell'Italia degli anni '80, soldi per tutti, pensioni "baby". Poi, una volta cresciuto, Marco avrebbe comunque dovuto pagare per tutto questo.

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