venerdì 25 novembre 2011

Il silenzio degli innocenti


Riceviamo e pubblichiamo le riflessioni di un collega a testimonianza del diffuso senso di incertezza e di disagio che attraversa, ovviamente non solo BMPS, ma buona parte delle aziende del nostro settore.
“Il silenzio degli innocenti”
Mano a mano che passano i giorni e scorrono sotto gli occhi le impietose notizie che riguardano MPS, è inevitabile non essere pervasi da un sentimento di amarezza, di impotenza, ma anche di rabbia, perché quella banca la senti tua, tre volte; come senese, come dipendente, come azionista.
            Più passa il tempo e più si attenua la speranza che alla fine, prima che sia troppo tardi, qualche voce fuori dal coro dica in modo onesto quello che molti ormai si aspettano – la verità-. 
E invece niente, dai comunicati sembra che tutto vada bene o quasi.  Si rinnova la fiducia, si ribadisce la validità del piano industriale, si sottolinea l’importanza dei risultati ottenuti nel corso dell’anno e ci si scaglia contro presunte speculazioni operate ai danni del Monte. Fuori “dalle mura aziendali” invece, le notizie sono un po’ diverse e molto spesso contrastanti con quelle “interne”. Senza voler enfatizzare nessuna delle posizioni espresse, credo che “far finta di niente”, in questo contesto, contrariamente a quello che si vorrebbe far credere non sia una strategia responsabile, ma al contrario, un modo per evitare l’assunzione di responsabilità e di fare proposte coerenti con la realtà.  Non sono altresì più tollerabili, i balletti di squallidi attori che tentano di mettere all’indice talune responsabilità, per preservarne altre, ancora più forti, che risiedono nei vertici aziendali.
            Nell’attuale scenario, è’ purtroppo verosimile, che alcune scelte strategiche, costose ed intempestive, unite ad una prolungata crisi dei mercati e alla strenua difesa del controllo da parte della Fondazione possano paradossalmente produrre l’effetto opposto.  Con il titolo  ormai giunto ai minimi storici (0,23), gli investimenti della Fondazione sono totalmente appiattiti sulla banca, ormai partecipata al 90% del totale degli investimenti. 
            La “strenua difesa”, priva però di strategie di prospettiva, ha costretto la fondazione, per non perdere il fatidico 50,1%, ad investire tutto nella banca fino ad indebitarsi per 600 milioni, chiudere il bilancio in rosso e realizzare enormi minus valenze ancora non contabilizzate. Il risultato è che il futuro dell’azienda, e conseguentemente il destino dei dipendenti/azionisti è ora in larga misura nelle mani delle banche che hanno prestato i soldi da una parte, e dall’altra delle autorità politiche (1,9 mld di Tremonti bond). 
            Continuare su questa strada, contentandosi della riconferma della “linea del Piave” da parte delle autorità locali, significa essere fuori dalla realtà. L’ipotesi di un nuovo aumento di capitale, considerato il contesto dove è maturata questa indicazione, non può certo essere scongiurata da una delibera comunale o dalla volontà delle parti, perciò, il rischio incombente è quello che si vengano a creare inevitabilmente le condizioni per una pesante diluizione della fondazione, senza una pregressa strategia che prenda in considerazione questa ipotesi e cerchi di mettere in sicurezza non solo l’effettivo controllo del Monte ma, e soprattutto, il destino dei lavoratori.  
            Ragionare in questi termini, ammesso che non sia troppo tardi, comporterebbe l’inevitabile assunzione di responsabilità per il pregresso, ma se non altro riscatterebbe in parte un percorso non esaltante, appiattito su scelte aziendali discutibili, probabilmente dettate da abili burattinai dentro e fuori le mura di Siena . A questo proposito basta ricordare con quale enfasi è stato salutato “coram populo” il piano industriale,  che in un colpo solo ha cancellato due banche (Banca Toscana e BAM) per acquisirne un’altra (Antonveneta) pagata molto cara (9 mld), ma sempre nel nome di quella indipendenza strategica definita “senesità” che oggi volge miseramente al tramonto proprio per la paradossale e ostinata miopia dei suoi accaniti sostenitori.

5 commenti:

  1. montepaschino da acquisizione27 novembre 2011 alle ore 11:28

    Nei documenti interni non si "denunciano" le scelte distruttive della dirigenza della Banca, non si chiede il cambio dei vertici aziendali e neanche si chiede che qualcuno "risponda" dei danni che ha prodotto o sta ancora producendo.
    Qualcuno osa scrivere di queste cose, in periferia, ma sono solo rare eccezioni e probabilmente a Siena sono considerati delle "mele marce" o "cani sciolti" che sputano nella ciotola in cui mangiano.
    NON ESISTE PIU' LA FUNZIONE DI DENUNCIA DA PARTE DEL SINDACATO?
    NON E' IMPORTANTE TUTELARE IL POSTO DI LAVORO?
    QUESTI DIRIGENTI HANNO LA NOSTRA STIMA ?
    E QUELLA DEL SINDACATO ?

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  2. non solo,
    anche le scelte operative nei confronti della clientela non promettono niente di buono!
    Ai dipendenti pressioni incredibili ed ai clienti condizioni terribili.
    Quale potrà essere il futuro di questo "miracolo italiano" ?????

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  3. questo è lo stesso film dappertutto, sono di unicredit e la situazione è la stessa credo che tutto questo riguarda purtroppo tutto il sistema bancario italiano. il sindacato (tutti!!) è debole e inconsistente o peggio.. dalla fiba ero passata ad altra sigla perchè non vedevo un sindacalista e mi sono iscritta al primo che ho visto dopo qualche giorno è arrivato arrabbiato il mio ricordandomi i suoi interessamenti ai miei problemi e mi sono reiscritta ma non c'è differenza, tutti ti danno più o meno la stessa roba e la nostra vita peggiora ogni giorno di più. ma perché non si fa un solo sindacato con servizi uguali per tutti e magari si torna a scioperare, dicono che non serve, ma almeno si fa sapere che non siamo d'accordo e non avvalliamo quel che succede, penso siamo proprio stufi, se ci siete battete un colpo!

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  4. Dal Sole di oggi http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2011-11-29/fondazione-studia-patto-grandi-064301.shtml?uuid=Aan1yaPE

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  5. Invece di prendersela con il mondo intero, i protagonisti delle ingloriose vicende che stanno portando la fondazione sotto il 50%, (in prima fila c'è ovviamente anche il sindacato che finora ha avallato tutto, compreso l'acquisto di antonveneta) dovrebbero avere almeno il buon senso di salvare il salvabile, continuare con gli slogan sulla "senesità" significa vivere su marte. E' GIUNTO IL MOMENTO DI ASSUMERSI LA RESPONSABILITA'

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(si prega la sintesi)