sabato 16 giugno 2012

Vietato parlare all'autista


"VIETATO PARLARE ALL’AUTISTA"

Per troppi anni nel sistema bancario toscano siamo rimasti narcotizzati di fronte a questo imperativo. Dal 1992 in poi il settore creditizio ha iniziato a deteriorarsi: la testa strategica delle nostre ex casse di risparmio si è sempre più trasferita fuori regione, secondo logiche confliggenti con gli interessi del territorio; i banchieri di casa nostra presi dalla febbre generale e gli stipendi pagati in parte con le azioni, privilegiando il guadagno di breve periodo. Nel frattempo cosa abbiamo fatto? “Vietato parlare all’autista”, appunto. Ci siamo accontentati di trattare su contentini marginali: abbiamo ottenuto una fermata in più dell’autobus, oppure la possibilità di vendere le merendine a bordo. Ma di contestare all’autista la direzione assurda che stava prendendo a nessuno è mai venuto in mente.
“Vietato parlare all’autista”.
Oggi finalmente ci svegliamo, gravemente in ritardo, per scoprire che i nostri autisti sono appena stati messi sotto inchiesta o addirittura rinviati a giudizio per fatti direttamente attinenti al loro lavoro. Ci svegliamo con le banche indebitate e le minacce di esuberi. Ci svegliamo arrabbiati e preoccupati, eppure intorno a noi ci sono ancora passeggeri che continuano a raccomandarci di non alzare la voce e di rivolgersi all’autista con i modi e i tempi più opportuni. Per aspettare che cosa?
L’insieme dei dati disponibili ci segnalano che il problema della Qualità del Credito è determinante anche per l’equilibrio dei conti economici delle Banche in Italia e si manifesta in modo più acuto per il sistema bancario in Toscana. Se l’incidenza delle svalutazioni dei crediti sul totale dei ricavi (margine d’intermediazione) è passato dal 7% del 2007 al 18% del 2011, il correspettivo in Toscana supera in prevalenza il 20%.
 Questa scarsa qualità degli impieghi sta diminuendo visibilmente le erogazioni di credito. Le piccole imprese sono nei guai, i fallimenti sono sempre più frequenti e il risparmio delle famiglie si sta prosciugando, mentre sulle ceneri del credit crunch prosperano i capitali illeciti e i prestiti usurari della criminalità organizzata.
In questo scenario, il caso Monte dei Paschi rappresenta l’esempio principe della mala-gestione. A Siena l’operazione Antonveneta è riuscita a distruggere un istituto che ha fatto la storia del credito in Italia, acquistata dal Monte a 9 miliardi quando solo due mesi prima era già passata di mano per meno di 6 miliardi: uno scempio visibile anche a occhio nudo, e su cui ora la magistratura sta indagando, ma che nel 2009 fu salutato con entusiasmo dall’allora sindaco di Siena e con superficialità dai sindacati locali. L’indagato Giuseppe Mussari, primo responsabile di quella operazione, è passato per premio dalla presidenza del Monte a quella dell’Abi. E al suo posto è arrivato a Siena Alessandro Profumo, appena rinviato a giudizio per una truffa al fisco di 245 milioni che gli è contestata dalla procura di Milano e che risale ai tempi della sua presidenza Unicredit.
Il nostro grido d’allarme è anche e soprattutto una mano tesa ai principali soggetti sindacali e istituzionali per fare squadra e provare tutti insieme a cambiare la direzione di marcia dell’autobus creditizio. Siamo consapevoli che la crisi ha dimensioni che trascendono i confini della nostra Regione: i nodi di prim’ordine riguardano la riforma dei mercati finanziari e l’introduzione netta di una distinzione fra banche commerciali e di investimento; inoltre c’è in ballo l’evoluzione del ruolo della Banca centrale europea come prestatore di ultima istanza e motore principale della ripresa, sul modello delle banche centrali tradizionali; e soprattutto, il salto di qualità in senso federale, democratico e solidale dell’Unione europea, senza il quale scenderà sempre più drasticamente l’opportunità e la sostenibilità da parte del nostro paese di rimanere all’interno della moneta unica.
La consapevolezza di giocare una partita più grande di noi non deve rappresentare un alibi. Ci rivolgiamo quindi alla Regione, istituzione attorno alla quale è possibile organizzare un valido presidio di resistenza. Pensiamo alla breve esperienza degli Osservatori sul credito presso le Prefetture, introdotti con successo ma poi rimossi: si trattava non di un semplice sfogatoio delle denunce di cittadini e associazioni riguardo l’emergenza credito, ma di uno strumento pro-attivo in grado di ri-orientare le decisioni strategiche delle banche oggetto dei rilievi dell’Osservatorio stesso. Questo strumento andrebbe ripreso e sviluppato, così come il ruolo preziosissimo esercitato dal Fidi Toscana, e ci chiediamo se non possa essere ulteriormente ampliato. Nel nostro immaginario c’è un’idea di banca che fa del servizio al Territorio e non della speculazione la sua ragione di vita profonda. Per arrivare a questo serve un cambiamento di paradigma radicale, una cultura diversa. Senza più paura di disturbare il manovratore.
Stefano Biondi, segretario Fiba Cisl Toscana
 

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