"VIETATO PARLARE ALL’AUTISTA"
Per troppi anni nel sistema bancario toscano siamo rimasti
narcotizzati di fronte a questo imperativo. Dal 1992 in poi il settore
creditizio ha iniziato a deteriorarsi: la testa strategica delle nostre ex
casse di risparmio si è sempre più trasferita fuori regione, secondo logiche confliggenti
con gli interessi del territorio; i banchieri di casa nostra presi dalla febbre
generale e gli stipendi pagati in parte con le azioni, privilegiando il
guadagno di breve periodo. Nel frattempo cosa abbiamo fatto? “Vietato parlare
all’autista”, appunto. Ci siamo accontentati di trattare su contentini
marginali: abbiamo ottenuto una fermata in più dell’autobus, oppure la
possibilità di vendere le merendine a bordo. Ma di contestare all’autista la
direzione assurda che stava prendendo a nessuno è mai venuto in mente.
“Vietato parlare all’autista”.
“Vietato parlare all’autista”.
Oggi finalmente ci svegliamo, gravemente in ritardo, per
scoprire che i nostri autisti sono appena stati messi sotto inchiesta o
addirittura rinviati a giudizio per fatti direttamente attinenti al loro
lavoro. Ci svegliamo con le banche indebitate e le minacce di esuberi. Ci
svegliamo arrabbiati e preoccupati, eppure intorno a noi ci sono ancora
passeggeri che continuano a raccomandarci di non alzare la voce e di rivolgersi
all’autista con i modi e i tempi più opportuni. Per aspettare che cosa?
L’insieme dei dati disponibili ci segnalano che
il problema della Qualità del Credito è determinante anche per l’equilibrio dei conti
economici delle Banche in Italia e si manifesta in modo più acuto per il
sistema bancario in Toscana. Se l’incidenza delle svalutazioni dei crediti sul
totale dei ricavi (margine d’intermediazione) è passato dal 7% del 2007 al 18%
del 2011, il correspettivo in Toscana supera in prevalenza il 20%.
Questa scarsa qualità
degli impieghi sta diminuendo visibilmente le erogazioni di credito. Le piccole
imprese sono nei guai, i fallimenti sono sempre più frequenti e il risparmio
delle famiglie si sta prosciugando, mentre sulle ceneri del credit crunch
prosperano i capitali illeciti e i prestiti usurari della criminalità
organizzata.
In questo scenario, il caso Monte dei Paschi rappresenta
l’esempio principe della mala-gestione. A Siena l’operazione Antonveneta è
riuscita a distruggere un istituto che ha fatto la storia del credito in
Italia, acquistata dal Monte a 9 miliardi quando solo due mesi prima era già
passata di mano per meno di 6 miliardi: uno scempio visibile anche a occhio
nudo, e su cui ora la magistratura sta indagando, ma che nel 2009 fu salutato
con entusiasmo dall’allora sindaco di Siena e con superficialità dai sindacati
locali. L’indagato Giuseppe Mussari, primo responsabile di quella operazione, è
passato per premio dalla presidenza del Monte a quella dell’Abi. E al suo posto
è arrivato a Siena Alessandro Profumo, appena rinviato a giudizio per una
truffa al fisco di 245 milioni che gli è contestata dalla procura di Milano e
che risale ai tempi della sua presidenza Unicredit.
Il nostro grido d’allarme è anche e soprattutto una mano
tesa ai principali soggetti sindacali e istituzionali per fare squadra e
provare tutti insieme a cambiare la direzione di marcia dell’autobus
creditizio. Siamo consapevoli che la crisi ha dimensioni che trascendono i confini
della nostra Regione: i nodi di prim’ordine riguardano la riforma dei mercati
finanziari e l’introduzione netta di una distinzione fra banche commerciali e
di investimento; inoltre c’è in ballo l’evoluzione del ruolo della Banca
centrale europea come prestatore di ultima istanza e motore principale della
ripresa, sul modello delle banche centrali tradizionali; e soprattutto, il
salto di qualità in senso federale, democratico e solidale dell’Unione europea,
senza il quale scenderà sempre più drasticamente l’opportunità e la sostenibilità
da parte del nostro paese di rimanere all’interno della moneta unica.
La consapevolezza di giocare una partita più grande di noi
non deve rappresentare un alibi. Ci rivolgiamo quindi alla Regione, istituzione
attorno alla quale è possibile organizzare un valido presidio di resistenza.
Pensiamo alla breve esperienza degli Osservatori sul credito presso le
Prefetture, introdotti con successo ma poi rimossi: si trattava non di un
semplice sfogatoio delle denunce di cittadini e associazioni riguardo l’emergenza
credito, ma di uno strumento pro-attivo in grado di ri-orientare le decisioni
strategiche delle banche oggetto dei rilievi dell’Osservatorio stesso. Questo
strumento andrebbe ripreso e sviluppato, così come il ruolo preziosissimo
esercitato dal Fidi Toscana, e ci chiediamo se non possa essere ulteriormente
ampliato. Nel nostro immaginario c’è
un’idea di banca che fa del servizio al Territorio e non della speculazione la
sua ragione di vita profonda. Per arrivare a questo serve un cambiamento di
paradigma radicale, una cultura diversa. Senza più paura di disturbare il
manovratore.
Nessun commento:
Posta un commento
(si prega la sintesi)