martedì 26 giugno 2012

Il pianto di un economista greco



Yanis Vanoufakis ha scritto una lettera aperta a un collega economista italiano. Un testo molto triste ma altrettanto toccante, al punto che un regista italiano ha deciso di farlo leggere all'interno di un suo spettacolo teatrale. Il professor Vanoufakis fa impressione quando parla delle migliaia di famiglie ateniesi rimaste senza luce elettrica a causa della crisi; oppure quando cita il caso di una sua ex allieva all'università, malata di cancro, a cui il sistema sanitario greco ha tagliato la chemioterapia per mancanza di fondi.



Ma al di là delle istantanee raccapriccianti di un paese sempre più impoverito, l'amarezza della lettera del professore greco si spinge anche su aspetti esistenziali. "Noi economisti siamo fra i principali complici di questo disastro", scrive Vanoufakis al suo imprecisato collega italiano: "Noi accademici che fino all'altro ieri siamo andati avanti a lodare la capacità del mercato di autoregolarsi, noi fautori sperticati della globalizzazione della finanza rapace, quella dei derivati speculativi che hanno sfigurato il nostro sistema bancario. Noi che ancora oggi rischiamo di prendere cantonate, scambiando la grande depressione greca per una semplice recessione. La differenza è enorme, perché mentre la recessione a volte può perfino fare bene (per tagliare i rami secchi e ripartire con maggiore competitività) la depressione greca sta spazzando via tutti indiscriminatamente, comprese le aziende che fino a ieri erano piene di ordinitivi dall'estero, e che ora si ritrovano sul lastrico. Il motivo? I fornitori di queste imprese, che anticipano loro le materie prime, non accettano più le garanzie delle banche greche, di cui anche le nostre migliori aziende sono clienti: così le materie prime non arrivano, la produzione si blocca e gli ordinativi se ne vanno".
Il professor Vanoufakis è un sostenitore aperto di una sempre più utopica Federazione Europea. Sulle pagine del suo blog in inglese (molto autorevole e molto considerato dai principali network internazionali di informazione) si sgola invocando la fine dell'austerity e l'avvento di un nuovo New Deal, visto che anche secondo lui la dinamica e l'impatto della crisi attuale ricordano dannatamente il 1929. Vanoufakis chiede come tanti di noi un debito unico europeo, un sistema bancario coordinato per l'intera Eurozona, una Banca centrale europea con licenza di riattivare la spesa pubblica e gli investimenti. E proprio in forza del suo spirito europeista  Vanoufakis si sente oggi doppiamente ferito, osservando la caccia all'untore che si sta scatenando nei paesi meridionali dell'eurozona, con uno stato che addossa la colpa della crisi sulle spalle del vicino messo appena peggio di lui. "Non faremo la fine della Grecia", è il solito refrain di Monti e Rajoy. Così continuiamo a far finta di non capire che la malattia di cui siamo affetti è la stessa. In attesa del prossimo illusorio vertice europeo, a cui Angela Merkel si prenderà gioco di noi tutti per l'ennesima volta.   

Per saperne di più: il testo completo della lettera di Vanoufakis

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