venerdì 20 aprile 2012

Una nuova era per la Banca Mondiale?



Il nuovo presidente della Banca Mondiale è un nome a sorpresa. Si chiama Jim Yong Kim, americano di origini sudcoreane, ed è il primo non economista scelto dagli Usa per dirigere l'isitituzione internazionale specializzata nei prestiti al sud del mondo. Kim di lavoro fa il medico, e prima della chiamata di Obama è stato a lungo capo del dipartimento per la lotta all'Aids nell'Organizzazione mondiale della sanità.



Il curriculum e la storia di Kim fanno moderatamente sperare in vista di un cambio di rotta in seno alla Banca Mondiale. Parliamo infatti di un medico che ha svolto la sua professione nelle trincee della miseria più nera. Un uomo che negli ultimi anni si è schierato frontalmente contro le multinazionali del farmaco, per permettere al governo sudafricano di prodursi in casa (e a costi irrisori, evitando quindi il balzello dei diritti d'autore) i farmaci antiretrovirali. Una battaglia vinta, che ha permesso l'accesso alle cure anti-Hiv a migliaia di pazienti, e che è entrata nella storia dello stato di Mandela come la più grande conquista sociale dopo la fine dell'apartheid.
Ora Kim ha davanti una sfida ancora più rilevante. Si tratta di cambiare impronta e finalità a una istituzione che fino a oggi ha sostanzialmente tradito la sua mission, privilegiando puntuamente i grandi progetti infrastrutturali appannaggio delle multinazionali occidentali e spesso nocive per gli abitanti delle regioni interessate, a scapito dei progetti di welfare più impellenti per dare corpo a uno sviluppo sostenibile. Basti pensare alle mega-centrali a carbone che l'occidente ha ormai messo al bando mentre in Africa continuano a essere costruite ex novo, avvelenando le persone grazie ai finanziamenti generosi della Banca mondiale. Una delle prime decisioni su cui Kim è atteso al varco è proprio l'approvazione di una nuova tranche di finanziamenti per centrali a carbone in vari paesi dell'Africa subsahariana. Riuscirà questo "banchiere per caso" a fermare lo scempio?
La speranza è che appunto il suo approccio più scevro dal dogma neo-liberista del Pil e più vicino alla realtà dei bisogni delle persone riesca ad avviare una inversione a U nell'operato della Banca: un colosso che gestisce 260 miliardi di dollari di finanziamenti, che può contare su una macchina da guerra di 9mila economisti, e che potrebbe diventare laboratorio di un modo più solidale di concepire il credito e l'economia in generale. In bocca al lupo, dottor Kim.  
Tommaso Giani

Nessun commento:

Posta un commento

(si prega la sintesi)