giovedì 5 aprile 2012

La Pasqua moderna di un ergastolano


Pasqua significa passaggio, cambiamento. Per i cristiani è la festa dell'amore incondizionato, capace di incunearsi negli anfratti più bui e di impollinare gli animi, così da spandersi per mille rivoli e superare anche il confine della morte. Resurrezione è allora l'amore che non conosce sbarre, capace di fiorire e rifiorire quando meno te l'aspetti. Un po' come nella storia di Cosimo Rega, descritta nella sua bellissima autobiografia dal titolo "Sumino O'Falco" (Robin edizioni).

Mi sono innamorato di questa storia perché dimostra che nelle nostre vite non c'è mai un finale già scritto. Il potenziale positivo e altruistico che anima ciascuno di noi può finire sepolto sotto una coltre di errori e imbarbarimenti, ma c'è, resiste, sempre e comunque. A volte basta semplicemente un incontro, un flash, una parola, per farlo riemergere all'improvviso.
La storia di Sumino è una storia meridionale. Storia di un'infanzia e di un'adolescenza trascorse ad Angri, provincia salernitana, in un tempo e in un luogo (gli anni 60-70) in cui per sposare le figlie serve ancora la dote, dove le famiglie con 6 figli sono una cosa normale, e dove proseguire la scuola oltre la soglia dell'obbligo è cosa da intellettuali privilegiati. Sumino appunto non gode di questo privilegio. Suo padre lavora in fabbrica e poi muore quarantenne a causa di una terribile cancrena alle gambe. La mamma fa la casalinga e poi (dopo la malattia del marito) la custode nella scuola del paese. Gli stimoli culturali in famiglia e in paese sono assenti. Di soldi ne girano pochissimi, e la voglia di guadagnare è tanta. Così per Sumino viene quasi naturale all'età di 16 anni il desiderio di seguire la scia dei racconti mirabolanti dei suoi amici più grandi "espatriati" al nord, e provare anche lui l'ebbrezza di un'esperienza a Torino. L'ambientamento fra l'altro va meglio del previsto, grazie alla munitissima colonia campana sotto la Mole, organizzata come un'agenzia di collocamento fantasma capace di procurare ai nuovi arrivati una serie di lavori a giornata, e poco dopo (in caso di buona impressione) un contratto più lungo e remunerato. Così Sumino impiega poco per passare dallo scarico dei camion a una fabbrica di marmitte dell'indotto Fiat.
Sembra fatta. Ora c'è uno stipendio da metalmeccanico fino a pochi mesi fa solo agognato. Ci sono i primi amici piemontesi, c'è l'entusiasmo di vivere in una città così diversa dalla Campania ma che pure diventa ai suoi occhi sempre più familiare e affascinante. Ma l'idillio dura soltanto pochi mesi. A riportarlo brutalmente alla realtà provvede un grave infortunio sul lavoro: un errore con la sega elettrica, un braccio menomato e reso inabile per sempre ai lavori pesanti, fine del lavoro, fine di Torino, ritorno ad Angri con la coda fra le gambe.
Da lì inizia per Sumino una discesa agli inferi lenta ma apparentemente ineluttabile. Da una parte il contesto sociale e culturale povero di opportunità, dall'altra la sua ambizione irrefrenabile di poter "essere qualcuno" lo portano sulla strada della criminalità. Dai furti di auto alle rapine a mano armata il passo è relativamente breve. In una di queste rapine, in cui Sumino viene coinvolto come palo, ci scappa il morto: la banda viene incastrata, finiscono tutti in manette, compreso Sumino che si becca 14 anni in definitivo. Il carcere non serve a mitigare gli spigoli del suo carattere, che anzi dietro le sbarre divengono sempre più accuminati. Le sue reazioni contro gli abusi delle guardie carcerarie sono sempre fragorose, al punto da rendersi sgradito in vari penitenziari da cui viene puntualmente trasferito. Così eccolo coinvolto in un giro d'Italia degli istituti di pena, che fa impazzire la moglie e i due bambini impegnati stoicamente nell'impresa di venire a trovarlo nelle carceri più sperdute: da Matera a Terni passando per Gorgona, Foggia, San Gimignano e Roma. Quando i 14 anni scadono Sumino è ormai un uomo fatto, ma non maturato. La voglia del guadagno facile è sempre in cima alle sue priorità. Il ritorno in paese praticamente coincide con l'inizio di nuove amicizie pericolose. La camorra ormai anche ad Angri ha messo radici profonde, e Sumino ci finisce dentro a capofitto, facendosi coinvolgere nel businness del recupero crediti usurari. I freni inibitori, etici e morali vanno a farsi friggere: in uno dei raid intimidatori messi in atto per accelerare le riscossioni Sumino si macchia di un omicidio intenzionale. Un pentito lo accusa e lo fa arrestare. Dopo soli due anni di libertà, una condanna pesantissima lo travolge senza scappatoie. E' l'ergastolo.
La linea d'ombra della storia di Sumino è proprio qui, al momento del verdetto più severo. Non appena il giudice pronuncia il famigerato "fine pena mai", anche l'autobiografia conosce una cesura netta: inizio della seconda parte, e passaggio dalla terza alla prima persona. Come per dire, solo da questo momento ho cominciato a essere il me stesso di ora, a riprendermi la mia vita. Quello stesso ergastolo che a volte infligge il colpo della depressione e del definitivo abbrutimento, nel caso di Sumino ha il merito di metterlo con le spalle al muro, per la prima volta di fronte al suo passato. E' come se quella sentenza fosse stata un bulldozer: spazzata via ogni maschera, ogni giustificazione, ogni scorciatoia. Adesso non esco più. Si ricomincia da zero.  
Ed ecco che la Pasqua entra come un torrente in piena nella storia di Sumino. I passi verso la riappropiazione di sé e la riconciliazione col mondo che lo circonda arrivano con frequenza sempre più incalzante. Il primo passo è la verità con la famiglia. Lui che fino ad allora aveva sempre gridato la sua innocenza bugiarda, stavolta spiazza la moglie e i figli con una confessione umiliante ma liberatoria. Lui che fino a quel momento vedeva la pena come una maledizione, inizia strenuamente a darsi da fare per vivere il carcere, anziché sopravvivere ad esso. Ha la fortuna di trovarsi nel penitenziario di Rebibbia, dove le possibilità di attività alternative alla cella non mancano. Ma lui stavolta ha il merito di fruirne a pieno: dai colloqui con la psicologa ai corsi di yoga e informatica; dalla lettura spasmodica al circolo Arci al telelavoro fino alla compagnia teatrale interna al carcere. E sarà proprio col teatro che Sumino riuscirà a compiere il definitivo passo verso la scoperta della parte migliore di sé. La sua personalità carismatica lo porta infatti a sobbarcarsi il ruolo di responsabile del gruppo teatrale. E' lui, amante del teatro di De Filippo, il primo a credere in questa possibilità: una scommessa stravinta a suon di repliche in vari teatri romani grazie alla bravura di tutti i detenuti attori, capaci addirittura di attirare l'interesse dei fratelli Taviani che sulla loro esperienza hanno poi impostato un film, "Cesare deve morire", in cui gli stessi detenuti recitano loro stessi; il film ha vinto l'Orso d'oro al festival di Berlino, accendendo così i riflettori dei media nazionali sull'esperienza di Cosimo Rega e sulla sua autobiografia. Fra poco Sumino entrerà in regime di semilibertà, ma il carcere resterà nella sua vita grazie al mestiere di educatore con cui aiuterà altri compagni detenuti a compiere la grande traversata riuscita a lui.
La storia di Cosimo è un invito per tutti noi a risorgere ogni giorno: a superare le nostre contraddizioni e i nostri egoismi quotidiani, riscoprendo la cura di sé e del prossimo come vera fonte di senso della vita. E allora buona lettura e buona Pasqua a tutti.
Tommaso Giani

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2 commenti:

  1. Grazie Tommaso per come hai saputo raccontarci la Pasqua attraverso questa storia.
    La vita di ognuno di noi è sempre un morire ed un rinascere anche per chi all'apparenza ha una storia meno complicata di Cosimo.
    Morire e rinascere per me significa saper consegnare se stessi attraverso il prorio impegno quotidiano, in famiglia,nel lavoro,nell'attività sindacale, attraverso gli incontri casuali, e poi saperla riprendere quella stessa nostra vita arricchita da quella degli altri.
    Buona Pasqua

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  2. una storia bellissima che ricorda, in questi giorni di Pasqua, quella del 'buon' ladrone, che buono non era, ma che si salva proprio per aver riconosciuto i suoi errori.
    Buona Pasqua e che sia l'occasione per tutti di iniziare una nuova vita.

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(si prega la sintesi)