domenica 8 aprile 2012

Art.18 light: i casi concreti


Molto interessante il servizio del Sole 24 Ore di ieri, che per la prima volta ha provato ad analizzare una serie di esempi concreti di licenziamenti individuali disciplinari ed economici, pronosticando per ognuno dei casi la passibilità di reintegro o di semplice indennizzo. Eccovi qui di seguito un riassunto.


LICENZIAMENTI DISCIPLINARI

1. Il lavoratore sottrae o fa un uso privato di beni e attrezzature dell'azienda, quando la stessa azienda non è mai stata tollerante rispetto a questo tipo di utilizzo. In questo caso si ipotizza un licenziamento disciplinare legittimo. E' passibile di licenziamento disciplinare legittimo anche il lavoratore che era semplicemente presente a un furto di un materiale di proprietà dell'azienda commesso da un altro, perché, anche se il lavoratore non ha concretamente partecipato è comunque venuto meno al vincolo fiduciario che lo lega al datore di lavoro. Per fare un altro esempio, è legittimo il licenziamento disciplinare di un dipendente che ha fatto altri lavori durante l'assenza per malattia quando risulta che tali prestazioni possono avere compromesso la guarigione.

2. Differente è la decisione del giudice negli stessi casi descritti al punto 1, se emergono dei vizi formali: per esempio se il licenziamento viene comunicato all'interessato oralmente invece che per iscritto. In questo caso il licenziamento diventa illegittimo pur mantendo la giusta causa. Stessa situazione per un datore di lavoro che non abbia rispettato i tempi della conciliazione obbligatoria trovandosi direttamente davanti al giudice. In questi casi (giusta causa ma vizi formali) non c'è più il reintegro ma solo l'indennizzo.

3. Un dipendente viene licenziato per essere stato assente senza giustificazione per un lungo periodo di tempo, quando il contratto collettivo di categoria prevede per questi casi solo la multa o la sospensione. In questo caso si parla di licenziamento disciplinare senza giusta causa, che il giudice sanzionerebbe con il reintegro in quanto la condotta del lavoratore era punibile con una sanzione cosiddetta conservativa.

LICENZIAMENTI ECONOMICI

1. C'è un comprovato calo dell'attività dell'azienda, il datore di lavoro decide di licenziare il lavoratore: al suo posto per la stessa mansione si affiderà a una ditta esterna, oppure semplicemente redistribuirà il lavoro fra i dipendenti rimasti. In questi casi, esaminate le carte, il giudice dà ragione all'azienda trattandosi di licenziamento economico legittimo.

2. L'ufficio paghe di un'azienda (due addetti totali) viene soppresso con il conseguente licenziamento di un lavoratore. In questa ipotesi, se l'azienda dimostra di aver effettivamente chiuso l'ufficio, il licenziamento è legittimo. Ma se il datore non ha assolto all'obbligo di ripescaggio, cioè non ha tentato di ricollocare il lavoratore licenziato in altre mansioni necessitanti nuovo personale in entrata, ecco che il giudice può condannare l'imprenditore all'indennizzo. Indennizzo che scatta pure se tra i due addetti licenzia il dipendente con figli anziché quello single.

3. Nel caso di cui al punto 2, il giudice accerta che in realtà l'impresa non ha chiuso l'ufficio paghe, o (ancora peggio) al dipendente superstite è stato di nuovo affiancato un dipendente neo-assunto. In questo caso il giudice può annullare il licenziamento economico e disporre il reintegro.

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