venerdì 9 dicembre 2011

Lettere dal confino mediatico



Vagando su internet ho ritrovato dopo quasi 10 anni il nome di Paolo Barnard. Vi ricordate questa faccia? Appartiene a una grande firma del giornalismo televisivo italiano, autore di alcune delle inchieste più dirompenti dell'allora neonato programma Report (fine anni 90, inizi 2000).


Ricordo che grazie a Paolo Barnard il pubblico televisivo nazionale venne a conoscenza dell'ingiustizia del debito estero dei paesi del sud del mondo. Sempre grazie a lui centinaia di migliaia di telespettatori aprirono gli occhi sulle pressioni scorrette delle multinazionali farmaceutiche, capaci di prezzolare generosamente medici di famiglia e strutture ospedaliere pubbliche pur di ottenere una corsia preferenziale sulla prescrizione di determinati farmaci. Proprio a causa di quest'ultima inchiesta Barnard ricevette una citazione in giudizio da parte di una impresa farmaceutica. La Rai e Milena Gabanelli lasciarono solo in tribunale il povero Barnard, usando la clausola di manleva presente nel contratto di collaborazione. Barnard è poi riuscito a scampare dalle peripezie legali scaturite dalla sua inchiesta scomoda, ma non è riuscito a recuperare fiducia nel circuito mediatico da cui in senso lato si era sentito scaricato. Così niente più Report, niente più televisione né carta stampata o collaborazioni. Barnard ormai da anni si è autoesiliato su un sito personale dalla grafica scarna, senza pubblicità, senza fotografie e senza soldi. Grazie a un link su facebook ho avuto appunto un flash di curiosità che mi ha fatto planare per la prima volta sulle sue pagine, molto stimolanti seppure ancora intrise di un'acidità di cattivo gusto verso gli interlocutori sindacali e mediatici considerati "traditori".
Negli ultimi anni Paolo Barnard ha preso a cimentarsi col problema dei problemi, il debito pubblico italiano. A sua firma c'è un breve saggio, accessibile gratuitamente, che ne racconta le dinamiche secondo la sua chiave di lettura eretica e senza mezze misure. Il saggio non a caso si intitola "Il più grande crimine". La tesi principale è che alla radice dei mali dei paesi periferici dell'Europa ci sia l'introduzione della moneta unica. L'euro secondo lui è stato introdotto scientemente dalla cabina di regia della finanza mondiale (Nomura, Goldman Sachs e Aspen Institute) con il proposito di affamare nel medio periodo le casse statali, costringendo i rispettivi governi a privatizzare i servizi pubblici essenziali a beneficio dei soliti grandi mercanti-avvoltoi. Dietro la svolta dell'euro infatti c'è la fine della sovranità monetaria degli stati, trasferita a una entità fuori controllo (la Banca centrale europea) che nel proprio statuto ha tuttora come dogma quello di non finanziare direttamente gli stati dell'Eurozona. Barnard fa notare come Giappone e Stati Uniti abbiano dei debiti pubblici nettamente più alti dell'Italia, sia in termini assoluti che in rapporto al prodotto interno lordo; eppure loro sono alle prese con tassi di interesse incomparabilmente più bassi di quello pagato oggi sui Btp nostrani. La ragione dell'incongruenza starebbe nella possibilità di emettere debito interno tramite la rispettiva banca centrale: cosa che gli Usa e il Giappone possono fare, al contrario dei paesi membri dell'Euro che sono condannati all'indebitamento come unica fonte di introiti alternativa alla fiscalità. Nell'ultimo articolo pubblicato sul suo sito Barnard sottolinea una notizia sorprendente: l'Italia già da alcuni anni sta chiudendo i suoi bilanci in attivo, nel conteggio al netto dei tassi di interesse sul debito; a fare la differenza è quindi quel macigno da 80 miliardi di euro l'anno, che è pure in continua crescita a causa delle montagne russe dello spread.      
Barnard dice di sentirsi in parte consolato dagli articoli di un premio Nobel come Paul Krugman, che negli ultimi giorni anche su Repubblica sta stigmatizzando le politiche di austerity montiane (più Iva, più Ici, pensioni congelate) denunciandone la spirale di impoverimento a esse connaturata. Servirebbe a detta di molti, non solo quindi di Barnard, una Bce capace di ridare fiato agli investimenti statali (in ambiente, cultura, educazione, salute, trasporti...) con emissioni di moneta in quantità almeno teoricamente illimitata. Nei piani alti dell'Europa, a cominciare dalla cancelliera Merkel, sembrano tutti refrattari a tali istanze. Ma per fortuna qualche piano più in basso del condominio europeo si inizia a percepire un segnale di dissenso organizzato, forte, nei confronti di questa governance europea tutta al servizio della lotta all'inflazione e del continuo inasprimento delle disuguaglianze sociali. In una lettera aperta firmata da Susanna Camusso e da altri numeri uno del sindacalismo europeo, per la prima volta i rappresentanti dei lavoratori del vecchio continente invocano a una sola voce una nuova costituzione europea, che incorpori i diritti sociali fondamentali (a oggi clamorosamente assenti) e che cambi il mandato della Bce così da favorire politiche di investimenti pubblici di riconversione economica. La speranza è che proprio dai sindacati possa partire una riscossa in favore di una nuova Europa. La ritrovata unità sindacale italiana per lo sciopero di lunedì è un piccolo ulteriore segnale positivo. Speriamo non si tratti dell'ennesimo fuoco di paglia.
Tommaso Giani            

Per saperne di più: l'ultimo articolo sul sito di Paolo Barnard, e il testo della lettera dei sindacalisti europei.

1 commento:

(si prega la sintesi)