mercoledì 2 maggio 2012


femmine e donne

Una riflessione su vita e morte delle donne nel XXI secolo

Avevamo pensato che ormai l’unico ostacolo fosse il soffitto di cristallo, che la prossima lotta ci avrebbe portato a varcarlo senza dover rinunciare al nostro essere donne e femmine, senza dover rinunciare a veder crescere i nostri figli e senza dover assomigliare così tanto agli uomini da rendere inutile la nostra presenza.
Avevamo pensato che entrando in numero sufficiente nei consigli di amministrazione e nella politica avremo con la nostra presenza contribuito a un diverso punto di vista utile a soluzioni diverse da quelle che hanno creato tutti i problemi che il mondo vive oggi.
Avevamo pensato che le nostre figlie e i nostri figli avrebbero vissuto un’armonia diversa dove le differenze di genere siano da tutte e tutti percepite come una ricchezza e ognuno per la sua parte dona quello che gli appartiene e riceve ciò che non ha.
All’improvviso ci troviamo invece a contare cadaveri.
Cadaveri di donne.
Cadaveri perché femmine.
Sono le bambine uccise alla nascita in Cina, dove mancano all’appello così tante donne che nei prossimi anni ci sarà il problema di trovar moglie a un esercito di figli unici maschi, ma dove è considerato dalle madri stesse una disgrazia avere una figlia.
Sono le bambine uccise prima della nascita in India dove è troppo costoso garantire una dote per ogni figlia e quindi meglio risparmiare.
Sono le mogli, fidanzate, compagne che qui a casa nostra vengono uccise per aver detto no, sono le donne violate perché non hanno accettato di essere la femmina di un maschio che sceglie e decide per tutti e due, sono donne che non hanno voce e nel silenzio della loro casa muoiono.
Morire è il più grande dolore.
Morire prima di aver percorso fino in fondo la strada della vita è la più grande sciagura.
Ci sono molti modi e luoghi in cui si può trovare la morte, ma morire in casa, nel luogo che esprime la massima sicurezza, per mano di qualcuno scelto per percorrere insieme un pezzo di vita va oltre ogni comprensione.
Non possiamo fermarci. Non dobbiamo smettere di lottare guardando avanti.
Ma dobbiamo anche farci carico di queste nostre sorelle, non possiamo lasciarle sole, chiuse in casa ad aspettare la morte, dobbiamo mostrare loro che un’altra opzione è possibile che possono e devono chiedere di essere artefici del loro destino, dobbiamo pretendere che le loro denunce siano ascoltate, dobbiamo essere capaci di interpretare i segnali di allarme che arrivano dall’altro lato della strada o dalla vicina del piano di sopra, dobbiamo smettere di essere sordi alle grida che trapelano dall’appartamento accanto.
Dobbiamo tornare a scendere in piazza a far vedere che ci siamo, che amiamo queste donne che vivono nella paura, che sapremo sostenere il loro coraggio, che potremo, insieme agli uomini che amano le donne, costruire un’alleanza per vivere sicure fuori, ma soprattutto dentro casa.
Massa Bruna, Segretaria Regionale Fiba Cisl Toscana

1 commento:

(si prega la sintesi)