giovedì 15 novembre 2012

Se anche il 24Ore si inchina all'Ecuador


Ieri Rafael Correa era in visita ufficiale in Italia. Il presidente dell'Ecuador è volato a Milano per tenere una lectio magistralis all'università Bicocca sul tema del debito pubblico. L'esperienza ecuadoriana parla chiaro: la spesa pubblica e l'economia ripartono se il debito viene rinegoziato e alleggerito significativamente. A 3 anni di distanza dalla decisione cruciale del default selettivo, i dati macroeconomici danno ragione al presidente socialista di Quito. Non a caso nell'aula magna dell'università milanese c'era il pubblico delle grandi occasioni, e il Sole 24 Ore di oggi non ha mancato di dare conto della visita di Correa in Italia con un ampio articolo a pagina 21.

Il titolo del quotidiano confindustriale è inequivocabile: "La lezione dell'Ecuador: dal default si può ripartire". Il pezzo di Roberto Da Rin sciorina i numeri del boom: pil in crescita del 7%, e debito in costante diminuzione. "Non voglio impartire lezioni a nessuno - ha dribblato con eleganza Correa interpellato sulla crisi del debito in Italia - mi limito a dire che le soluzioni ortodosse fin qui adottate in Europa non hanno risolto il problema". Correa si è voluto invece concentrare sulle sfide che ancora aspettano il suo paese negli anni a venire, in cui lui si auspica di essere ancora alla guida della repubblica ecuadoriana (le elezioni in programma la prossima primavera lo danno favorito). "Il nostro cancro economico ancora da estirpare è la dollarizzazione. Il cambio fisso col dollaro ereditato dai presidenti del passato ci impedisce di stampare moneta come vorremmo. In questo momento non siamo ancora pronti per tornare a far fluttuare la nostra valuta, perché tutte le attività sono in dollari e il Paese patirebbe una crisi gravissima, ciò non toglie che il cambio fisso è una perversione e che in futuro potrebbe essere eliminato".
Parole e scelte politiche che pesano come macigni, e che vanno in rotta di collisione con il programma politico adottato dai governi italiani dall'inizio degli anni 80 ad oggi. Questa discrasia imbarazzante aiuta a capire perché un capo di stato in visita ufficiale in Italia non sia stato degnato di un ricevimento in nessuno dei palazzi romani del potere.
Tommaso Giani
 

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