domenica 11 marzo 2012

Mal d'usura


Anna Maria, Roberto, Silvio e Marco si gettano lucidamente da un ponte alto novanta metri sulla A24; è il 1995. Tutti, madre e tre figli -  64, 38, 34 e 27 anni - pensavano che il loro viaggio verso L'Aquila sarebbe stato la soluzione ai loro problemi: un amico li avrebbe aiutati. L'amico in realtà, ancor prima di arrivare, si rivela per quello che è realmente: un maledetto usuraio. Decidono che questo “tradimento” sia veramente troppo e la fanno finita; insieme, come sempre.
 

E' da storie come questa che dovrebbe cominciare il “tempo della lotta”, una lotta senza quartiere ai mali che invadono di metastasi la nostra società. L'usura diventa in questo senso un vero e proprio cancro in grado di contaminare l'economia legale contribuendo a crearne una parallela, malata. Consideriamo anche che i denari prestati ad usura derivano spesso da altre attività illecite, criminali; chi si trova in difficoltà diventa così all'improvviso complice “inconsapevole” di altri misfatti, spesso ancor maggiormente efferati, come la prostituzione, l'estorsione, il traffico di stupefacenti o d'armi.  Un'illegalità nell'illegalità che dà un primo “spolvero” al denaro sporco: in alcuni casi siamo in una prima fase del riciclaggio.
Quando entriamo nello specifico delle statistiche e delle casistiche per capire meglio i motivi di chi oggi si rivolge all'usuraio, scopriamo le esigenze di coloro che con quei soldi devono pagare le tasse, i debiti di gioco (spesso il “gratta e vinci”, il lotto e le micidiali slot machines ormai parte dell'arredamento di ogni bar); il lavoratore che sta pagando un prestito al consumo e la società erogatrice gli ha “regalato” una carta revolving (a tassi di restituzione in alcuni casi superiori al venti per cento) o un altro lavoratore che esce da un infortunio, una malattia, che vive la cassa integrazione: che trascorre un periodo buio, insomma; persone alle quali, arrivate a quel punto, non è più concesso, in base alle regole attuali, nei fatti, un regolare accesso al credito legale, quello erogato dalle banche, dovendo anzi anche intaccare le “riserve auree” familiari rivolgendosi ai “Compro oro”, attività quanto mai florida, divenuta appetibile anche per la criminalità organizzata che deve riciclare soldi sporchi e beni provenienti da furti e rapine.
Tutti cause apparentemente legate a motivazioni lecite, quindi proprio per questo, almeno sulla carta, risolvibili in altro modo, se non fosse che lo Stato, lo stesso Stato che negli anni poco ha fatto contro gli evasori, quando arriva alla resa dei conti non guarda in faccia a nessuno, neppure a chi è già in conclamata difficoltà; se non fosse che lo Stato ha bisogno di soldi – oggi più che mai – quindi non può rinunciare ai proventi del gioco ma, anzi, ne alimenta in continuazione il mercato con nuove iniziative, nuovi futuri “milionari allo sbaraglio”; se non fosse che lo Stato che “chiude entrambi gli occhi” rispetto a tante situazioni “border line” diventate veri ammortizzatori sociali, dove il sociale non può, non adotta un vero ammortizzatore etico per sopperire alle difficoltà legate a determinate realtà (spesso il lavoratore infortunato, malato, pur percependo lo stipendio, è costretto a rinunciare, ad esempio, a quella parte variabile del salario – come il lavoro straordinario -  che gli consente di far quadrare il bilancio familiare).
L'usura è da sempre perseguita, condannata da ogni parte ma la soluzione al problema appare  ancora lontana a venire. La Chiesa, nel passato, partendo dai Vangeli (“E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.”  - Luca 6,34), fino ad arrivare alla Rerum Novarum di Leone XIII del 1891 (“Poiché, soppresse nel secolo passato le corporazioni di arti e mestieri, senza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che poco a poco gli operai rimanessero soli e indifesi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un'usura divoratrice che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa., continua lo stesso, sotto altro colore, a causa di ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tanto che un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine dei proletari un gioco poco meno che servile.”) ha assunto una posizione netta a riguardo; stessa cosa ha fatto la cultura marxista (“L'usuraio distrugge l'economia tradizionale e riconverte nel peggio i capitali acquisiti. Divora tutto il plusvalore del piccolo produttore e senza reinvestirlo in una qualche attività produttiva. Se l'usura colpisce gli schiavisti o i latifondisti il modo di produzione non cambia; solo si fa più pesante per chi lavora, cioè per lo schiavo o il servo della gleba.” - Marx, Il Capitale,  III libro, cap. 36); lo Stato, prima ancora di diventare Repubblica - ma già unito - ne ha reintrodotto il reato nel 1930 (art. 644 c.p.), ribadendone la pericolosità con la legge 108 del 1996 ma riducendo prima quanto fino a quel momento messo  a disposizione del Fondo vittime dell'usura per poi unificarlo ad altri fondi tagliandone ulteriormente, drasticamente, le risorse (varie manovre “accessorie” 2011); per lo stesso motivo, ancora recentemente dal precedente governo, è stato ridotto – di fatto in termini numerici - l'impegno quotidiano volto a smascherarne gli attori, quartiere per quartiere, presidiando il territorio, come si dovrebbe fare ogni giorno con questa tipologia di crimine, con questa piaga.
Ma la malattia da sola non si sconfigge, anzi, nuove cause – come abbiamo visto – la alimentano gettando benzina sul fuoco, creando un circolo vizioso, una stanza degli specchi da cui sembra impossibile uscire; l'interesse economico prevale ancora una volta sull'etica e sulla giustizia sociale.
Francesco Buzzetti (Fiba Cisl Abruzzo) 


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