martedì 11 ottobre 2011

La guerra di Piero


Piero Follesa è un reduce di Nassiriya. La sua guerra continua anche ora che è tornato a casa sua, a Finale Ligure. Piero combatte contro gli incubi annidati nel suo profondo. Combatte contro uno stato di ansia e di nervosismo continuo, accumulato nel periodo vissuto sotto assedio in Afghanistan, e ora troppo difficile da mettersi alle spalle. Piero combatte anche contro la depressione, l'insoddisfazione di un marito e di un padre che non riesce a dedicarsi alla famiglia come vorrebbe. Piero prigioniero di raptus assurdi, Piero che si ritrova a battere la testa contro il muro, di notte, in camera sua. Piero nel panico una volta realizzato di aver messo pesantemente le mani addosso a suo figlio, senza motivo, almeno apparentemente. In realtà il motivo esiste, gli è stato diagnosticato, e si chiama "Post traumatic stress disorder".
E' un disturbo tipico dei soldati occidentali di ritorno dalle guerre di oggi. Shock derivato da attacchi e attentati visti troppo da vicino; shock interiorizzato fino a diventare compagno di incubi quotidiano, anche in Italia, anche lontano dal fronte. Questo disturbo psichico negli Stati Uniti ha colpito nel 2008 circa 320mila reduci: dati ufficiali, forniti dallo stesso esercito a stelle e strisce. E anche negli altri paesi d'Europa, i casi diagnosticati rappresentano percentuali a doppia cifra, rapportati al totale delle forze armate impiegate in missioni "di pace" all'estero. In Italia invece gli unici casi riconosciuti dall'esercito sono quelli di Piero Follesa e Pietro Sini, guarda caso gli unici che finora hanno avuto il coraggio di uscire allo scoperto con denunce pubbliche. Il forte sospetto è che quindi queste due vittime ufficiali siano solo la punta di un iceberg di sofferenze nascoste e insabbiate.
Si tratta del lato meno conosciuto e investigato delle guerre. Una specie di post scriptum che lascia strascichi sanitari, economici ed esistenziali clamorosi. Questi disturbi psichiatrici post-guerra, infatti, possono anche portare a conseguenze estreme, come il suicidio. In America, l'anno scorso, 468 reduci si sono tolti la vita. Un numero addirittura superiore a quello dei soldati statunitensi morti in combattimento nello stesso anno: 462. Come dire, il nemico interiore è più pericoloso di Taliban ed estremisti sunniti messi insieme. E come se non bastasse, stiamo parlando di un trend in crescita rispetto al 2009, quando i suicidi fra i reduci statunitensi furono "soltanto" 381. Costi bellici quindi che fanno male, anzi malissimo, anche se si nascondono dove meno ce lo immaginiamo.
Le guerre in Afghanistan e in Libia, scrive il missionario-giornalista cattolico Alex Zanotelli citando fonti accademiche americane, sono costate solo agli Usa 4mila miliardi di dollari. L'Italia invece si è accontentata nel settore militare della più modica cifra di 27 miliardi annui; che poi tanto modica non è, visto che l'esborso pubblico per l'istruzione si aggira sui 70 miliardi (poco più del doppio). Una montagna di armi accatastate in gran parte andando ad ingrossare la spirale del debito pubblico, che oggi semina il panico fra i governi di mezza Europa. Una montagna di soldi difficile da tagliare, e infatti rimasta più o meno intatta rispetto alle sforbiciate selvagge inflitte negli ultimi mesi dal governo Berlusconi al mondo della scuola. Difficile da tagliare, dicevamo, perché inserita nella camicia di forza della Nato, l'organizzazione militare atlantica che limita fortemente la nostra sovranità in materia di difesa. Oggi ridiscutere la nostra membership a tale organizzazione è considerato un tabù. I casi degli stati Ue del nord Europa (come Finlandia e Svezia) dove le spese militari sono basse rispetto a quelle per il welfare, forse anche per merito della loro non adesione alla Nato, sembrano non interessarci. E invece sarebbe interessante almeno parlarne. A quali ritorsioni e quali ricatti potremmo essere esposti, nella fantomatica ipotesi di un nostro smarcamento dalla macchina bellica americana? Al momento sembrano casi di scuola: eppure, se si vuole parlare seriamente di riduzione delle spese militari, dal nodo dell'Alleanza atlantica non si può scappare.         

4 commenti:

  1. Articolo interessante, ma mi domando se qualcuno legga le strisce di Doonesbury sui reduci di guerra pubblicate su Linus, altrimenti si finisce sempre con lo scoprire l'acqua calda

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  2. grazie Giuseppe per lo stimolo su Doonesbury ed al riguardo vorrei ricordare anche chi era il traduttore italiano: E.Baldoni.
    ricordate chi è?
    www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=3641

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  3. dicono che molti soldati soffrono di un forte stress dopo aver visto la quantità di cadaveri che galleggiano nel tratto di mare tra la Libia e Lampedusa

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  4. articolo molto interessante.. sarà l'argomento che tratterò nella mia tesi..il problema è che non sò da dove iniziare :)

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(si prega la sintesi)