sabato 13 agosto 2011

Ucraina: democrazia in bilico

Lo stato di salute di una democrazia si misura a partire dai diritti delle opposizioni. Chi critica il governo ha la possibilita' di farlo pubblicamente e liberamente? Oppure viene continuamente tartassato, ostacolato e messo a tacere da chi controlla le leve del potere? Nell'Ucraina di oggi, purtroppo, vale "la seconda che hai detto". La leader del principale partito di opposizione di Kiev (a capo dell'esecutivo fino alle elezioni dello scorso anno) e' stata messa in carcere due settimane fa insieme al suo ex ministro degli interni.
Julia Timoshenko, 50enne pasionaria della rivoluzione arancione del 2004, e' accusata di aver danneggiato l'interesse nazionale nel contratto di fornitura di gas sottoscritto con la Russia nel 2009: contratto che in effetti ha visto le bollette del riscaldamento delle famiglie ucraine impennarsi, ma che probabilmente e' stato frutto di un rapporto di forze nettamente sbilanciato dalla parte di Mosca, con la multinazionale russa Gazprom libera di ricattare e di imporre le proprie condizioni in quanto unico vero fornitore. L'accordo, salutato al tempo con sollievo anche da noi europei d'occidente (che tuttora riceviamo buona parte del nostro gas dalla Russia via Ucraina), meriterebbe forse di essere ridiscusso e approfondito dalla attuale leadership ucraina, fra l'altro molto piu' gradita al Cremlino rispetto al precedente ticket Yuschenko-Timoshenko. Ma la carcerazione della Timoshenko sembra avere poco se non niente a che fare con la risoluzione del problema gas. Piuttosto, la mossa del presidente Yanukovich sa molto di rappresaglia a fini meramente politici: qui a Kiev i tempi della giustizia sono molto veloci, e la condanna e' nell'aria, prevista entro fine anno; la Timoshenko rischia 10 anni di galera, e un conseguente fuorigioco per tutte le prossime scadenze elettorali.
Mentre le cancellerie occidentali si affrettano a comunicare il proprio disappunto per l'arresto di due settimane fa, la gente di Kiev sembra vivere questo travaglio in preda a una indifferenza paranoica. Da noi se un Romano Prodi della situazione finisse dietro le sbarre prima della sentenza e con simili capi d'accusa, mi immagino in quale pandemonio saremmo in grado di far precipitare le strade e le piazze di Roma. Qui a Kiev, invece, davanti ai cancelli del tribunale dove si sta celebrando il processo sono assiepate solo poche centinaia di persone: molti pensionati, pochissimi ragazzi. Uno di questi pochi e' Vasa, biondissimo studente di ingegneria, armato della pazienza necessaria per rispondere alle mie domande maccheroniche e stralunate: "Purtroppo la gente ha perso fiducia nella democrazia. Nel 2004 per protestare contro le elezioni truccate e convincere lo stesso Yanukovich a dimettersi eravamo centinaia di migliaia, assiepati in queste stesse tende su questo stesso viale. La gente vedeva in Julia Timoshenko un futuro migliore, vicino all'Europa. Oggi invece sono piu' i poliziotti di noi manifestanti. Il popolo non ha visto miglioramenti, ma al contrario, sempre la stessa corruzione. Siamo stanchi, cosi' rischiamo di non capire che da questo processo non dipende solo il futuro della Timoshenko, ma della nostra democrazia tutta".
Ieri mattina gli avvocati della Timoshenko hanno presentato un ricorso a una sorta di tribunale del riesame, per chiedere la scarcerazione della ex premier in attesa della sentenza. Ma non c'e' stato niente da fare. Il giudice ha confermato la custodia cautelare, a seguito di un presunto comportamento gravemente irrispettoso - da parte della bionda piu' chiacchierata di Ucraina - nei confronti della corte. L'ennesima batosta per Julia e il suo gruppetto di pensionati supporter, che sembrano sempre piu' corpi estranei e fuori sintonia rispetto al popolo dello shopping in transito davanti al tribunale, sul marciapiede mondano del vialone Kresciatik.
La mia giornata da blogger d'assalto prosegue nel pomeriggio alla sede del Kyiv Post, uno dei fenomeni culturali piu' interessanti e innovativi dell'Ucraina postsovietica. Si tratta di un quotidiano ucraino con giornalisti ucraini e notizie ucraine, ma interamente scritto in lingua inglese. Con una tiratura di 25mila copie giornaliere, rappresenta uno strumento d'elite dedicato al mondo dei diplomatici, degli intellettuali e degli uomini d'affari stranieri. Dopo averlo avvistato in Italia attraverso internet, oggi finalmente me lo ritrovo fra le mani in versione cartacea, ammirandone la veste grafica di prima grandezza. Pur piombando in redazione senza alcun preavviso, il personale mi riceve con cordialita'. A prendermi in cura e' una certa Oksana, responsabile delle sezioni Economia e Tempo Libero. Mi da' appuntamento per cena: nel frattempo riesco a fare capolino fra i desk, notando una eta' media impensabile per i nostri standard gerontocratici, insieme a una maggioranza schiacciante di firme femminili. Qualche ora dopo, davanti a un te' e a una torta di mele deliziosa, Oksana aggiungera' al mio puzzle politico dell'Ucraina altri tasselli importanti: "Negli ultimi anni la Timoshenko ha dato un'immagine di se' troppo arrivista, che le ha alienato la simpatia della gente. La rottura con l'ex presidente Yuschenko e' stata imperdonabile, se si fossero presentati insieme alle elezioni presidenziali del 2010 avrebbe vinto sicuramente uno di loro due". Poi Oksana mi racconta di lei, del suo lavoro da giornalista in Ucraina, con le luci e le ombre annesse e connesse: "Lavoro al Kyiv Post da tre anni, e il giornale e' libero, con proprietari esteri: prima una multinazionale americana, oggi un imprenditore anglo-pachistano. Riusciamo a fare bene il lavoro di giornalisti, che e' quello di avere un approccio critico verso il potere. I nostri editoriali sull'arresto della Timoshenko pero' ci stanno creando dei problemi: gli sponsor hanno mugugnato, gradirebbero una linea piu' prudente, probabilmente temono dei contraccolpi negativi da parte del governo". Il sogno di Oksana e' quello di misurarsi con una opportunita' professionale all'estero: "Non per sempre, ma comunque per un periodo significativo. Tempo fa avevo preso contatti con una testata in Repubblica Ceca, chiedendo all'ambasciata un visto di 8 mesi. Mi hanno concesso solo 2 settimane". Dimentico all'improvviso la torta di mele, mi vergogno in quanto rappresentante dell'Europa fortezza anti-immigrati che discrimina perfino le giornaliste, e comincio a pendere dalle labbra di questa ragazza: padrona di due lauree, di sogni al plurale e di un inglese mille volte migliore del mio, imparato perdipiu' senza uno straccio di esperienza in un paese anglofono. Finche' esistono persone come lei, in un'Ucraina e in un'Europa migliore si puo' ancora sperare.          

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