sabato 7 luglio 2012

Delirio di onnipotenza



La più importante banca inglese, Barclays, è finita nell'occhio del ciclone. Gli stessi vertici dell'istituto di credito hanno ammesso di aver diffuso dati falsi al fine di pilotare l'andamento del tasso di interesse Libor (l'indicatore base per fissare il costo dei prestiti made in Britain ad imprese e famiglie). Il presidente e l'amministratore delegato della banca si sono dimessi, Barclays dovrà pagare una multa di 452 milioni di dollari, ma l'impressione è che lo scandalo sia appena agli inizi. E il nodo alla radice di tutti i mali è sempre lo stesso: la febbre del gioco d'azzardo (derivati) che ha travolto il sistema bancario mondiale rendendolo sempre più distante rispetto alla sua funzione sociale originaria, ovvero quella di dare gambe ai progetti di imprese e famiglie.

Per aiutare i non addetti ai lavori nella comprensione serve inanzitutto spiegare come si calcola il Libor, cioè il tasso di interesse base adottato dalle banche britanniche sia per farsi prestiti fra di loro sia per accendere mutui con aziende e famiglie. Ebbene, il Libor viene calcolato da un'autorità preposta che ogni giorno fa un giro di telefonate alle 16 principali banche londinesi. Ad ognuna di queste banche viene fatta la seguente domanda-sondaggio: "Cara banca, quale tasso di interesse pensi di dover pagare oggi per chiedere denaro a un'altra banca?". Ognuna delle 16 banche risponde a questa domanda rendendo nota la sua previsione. Poi l'autorità preposta della Gran Bretagna calcola la media matematica delle 16 previsioni, e il risultato delle previsioni diventà realtà, ovvero il tasso di interesse per i prestiti interbancari del tale giorno.
La Barclays ha ammesso di aver comunicato, fra il 2005 e il 2009, delle previsioni non corrispondenti alla realtà: dati o troppo bassi o troppo alti, per pilotare artificialmente il tasso di interesse Libor verso l'alto o verso il basso, a seconda delle esigenze. O meglio, a seconda delle scommesse stipulate dalla banca stessa. Infatti l'andamento del Libor è uno dei fattori su cui il mondo dell'alta finanza londinese scommette con più rapacità. Quindi, se il derivato giocato dalla banca veniva pagato in caso di calo del Libor sotto una certa soglia, ecco che Barclays si adoperava per comunicare alle autorità un dato eccezionalmente basso. Quando invece per vincere i soldi al casinò dell'alta finanza bisognava che il Libor prendesse quota, ecco che le stime di Barclays divenivano oltremodo pessimiste. La situazione è quella classica del conflitto di interessi, che però è condivisa da Barclays con le altre 15 banche britanniche oggetto del "sondaggio" quotidiano per l'elaborazione del tasso di interesse. Fra l'altro un dato solo su 16 non ha possibilità di influire sul risultato finale, visto che nel calcolo della media del Libor il dato più alto e quello più basso vengono spuntati in partenza. Quindi, come hanno fatto notare i vertici dimissionari della Barclays di fronte agli inquirenti penali e parlamentari nelle audizioni di questi giorni, perché la manipolazione andasse a buon fine ci voleva la collaborazione fraudolenta di altre banche. Ed ecco il motivo per cui è facile prevedere lo scoperchiamento di altri vasi di pandora.
E' difficile scandalizzarsi e cadere dalle nuvole di fronte a queste frodi compiute sulla pelle delle persone normali e dei loro mutui. E' difficile perché fattacci di questo tenore continuano e continueranno a essere inevitabili, almeno finché non si deciderà di cambiare possentemente le regole del gioco. Per uscire dal circolo vizioso serve adottare una prospettiva più ampia. Il problema non si risolve mandando a casa qualche banchiere famoso come Bob Diamond (che sicuramente non morirà di fame visto il compenso di 25 milioni di euro l'anno di cui godeva). Il problema si inizia ad affrontare solo ripristinando una volta per tutte la divisione tassativa fra banche di investimento e banche commerciali, che in parole povere vuol dire "vietato scommettere con i soldi dei conti correnti: le due attività devono rimanere distinte". Oggi come oggi invece vige una commistione diabolica, che vede i derivati contare più dei prestiti (anche per merito di politiche fiscali scellerate che tassano quasi niente le vincite sulle scommesse finanziarie). Nel bilancio della Barclays i proventi da derivati - 645 miliardi di euro - pesano per il 34% sull'intero attivo patrimoniale. Ampliando invece il campo visivo su uno scenario globale, sono 647mila i miliardi di euro di derivati in circolazione, una cifra spaventosa, pari al quadruplo del prodotto interno lordo mondiale. E un manipolo di banche fa la parte del leone in questa orgia del gioco d'azzardo: basta pensare che le prime quattro banche Usa da sole controllano 212mila miliardi in derivati. Parliamo di colossi quali Morgan Stanley, Jp Morgan, Goldman Sachs, Bank of America: gli stessi soggetti che detengono fiumi di debito pubblico dei nostri stati, e che agendo di concerto hanno la possibilità di smuovere tassi di interesse e valori azionari solo in funzione delle loro scommesse da vincere. Questo è il vero bubbone da estirpare. Lo scandalo Barclays è solo la punta dell'iceberg.
Tommaso Giani    

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