martedì 6 settembre 2011

C'era una volta lo statuto dei lavoratori


Oggi il sindacato nazionale con il più alto numero di lavoratori iscritti è sceso in piazza con una giornata di sciopero generale. Operai e impiegati della Cgil hanno fermato treni, disertato sportelli d'ufficio e interrotto catene di montaggio. Lo hanno fatto per protestare contro la manovra finanziaria del governo Berlusconi, e soprattutto contro l'articolo 8 di tale legge. Cosa prevede questo articolo 8? Il suo contenuto è dirompente, e per essere spiegato con parole comprensibili a tutti necessita di una premessa.

Proviamo a non dare niente per scontato, a beneficio anche dei lettori più giovani, e partiamo dal concetto di regola. Sul posto di lavoro ci sono delle regole da rispettare: per esempio il datore di lavoro è chiamato a pagare un determinato salario minimo, mentre il lavoratore è sottoposto a un determinato orario, con determinate pause, permessi, ferie, straordinari, eccetera. Le regole che vigono sul posto di lavoro hanno autori diversi. E non tutti gli autori contano allo stesso modo. Più precisamente, le due camere del Parlamento sono in cima a questa classifica, nel senso che le regole (le leggi) che approvano deputati e senatori a Roma hanno la precedenza sugli altri autori. Un gradino sotto ci sono i contratti nazionali di settore: per ogni categoria di lavoratori (scuola, edilizia, trasporti, spettacolo, banche, fabbriche metalmeccaniche...) sempre a Roma si incontrano ogni 2 o 4 anni i sindacati nazionali e i rappresentanti nazionali dei datori di lavoro; un tavolo di trattativa per ogni settore, che in caso di accordo fra le parti produce un contratto nazionale di categoria. Questo contratto non può andare contro le leggi: può soltanto precisare o aggiungere qualcosa. I contratti nazionali sono importanti perché fissano gli stipendi base dei lavoratori di un determinato settore: il contratto nazionale dei metalmeccanici stabilisce per esempio la paga mensile di un operaio; che sarà dello stesso ammontare sia alla Piaggio, sia alla Fiat, sia in una piccola azienda sconosciuta di pneumatici a Calcinaia. Scendiamo ora di un altro gradino - l'ultimo - e arriviamo ai contratti integrativi: questi contratti possono essere stipulati da sindacati e imprenditori su base regionale, provinciale o anche all'interno di una singola azienda. Il contratto integrativo (territoriale e/o aziendale) non può andare né contro la legge, né contro il rispettivo contratto nazionale. Può solo aggiungere, migliorare, precisare, "riempire dei buchi". Ad esempio un contratto aziendale della Barilla può stabilire un contributo all'asilo nido per i figli dei dipendenti, oppure un premio in denaro agli operai in caso di alti risultati di vendita o di produzione; ma non può stabilire uno stipendio mensile al di sotto della cifra contenuta nel contratto nazionale agroalimentare.
Questo è il sistema attuale, che verrebbe scardinato in caso di approvazione in parlamento del sopracitato articolo 8. Questo provvedimento aumenta in modo colossale il campo d'azione dei contratti territoriali e aziendali, abolendo la gerarchia delle fonti. Ovvero, se in una singola azienda i sindacati "comparativamente più rappresentativi" (così dice l'articolo 8) sottoscrivono un contratto aziendale, il testo dell'accordo può derogare (cioè andare contro) la legge e il contratto nazionale. Un contratto integrativo può quindi arrivare a cancellare dall'azienda una legge fondamentale come lo Statuto dei Lavoratori: e in particolare il suo baluardo, il famoso articolo 18 che obbliga il datore di lavoro di un'impresa con almeno 15 dipendenti a riassumere un dipendente licenziato, nel caso in cui la sentenza del giudice riconosca il carattere ingiustificato di tale licenziamento individuale (es. ti licenzio perché ti ammali troppo spesso). Così al posto dell'obbligo di riassunzione si potrebbe prevedere nel contratto aziendale un semplice risarcimento di 3 mesi di stipendio. Oppure si potrebbe consentire all'imprenditore di assumere con contratti da finti lavoratori autonomi, facendo passare degli impiegati a tutti gli effetti per dei liberi professionisti pagati in modo saltuario e licenziabili senza diritto di replica (come noi quando cambiamo l'idraulico di fiducia).
La Cisl e la Uil, gli altri due grandi sindacati confederali, non si sono unite allo sciopero: i loro massimi dirigenti gettano acqua sul fuoco, rassicurando che l'articolo 18 non è in pericolo; gli accordi vanno fatti in due, e in quale azienda la maggioranza dei sindacati sarà mai d'accordo ad espellere dalla fabbrica o dal supermercato lo Statuto dei Lavoratori? Questo è vero a livello di principio. Ma anche all'interno della stessa Cisl non tutti ostentano la stessa sicumera. Fuori dal coro c'è per esempio Stefano Biondi, coordinatore del pezzetto di Cisl (Fiba Toscana) che edita questo blog: "Vogliamo contrastare la babele di contratti che ha in mente il ministro Sacconi - spiega il segretario regionale dei sindacalisti bancari - L'articolo 8 abilita non meglio identificate rappresentanze sindacali a stipulare intese profondamente lesive della legge e del contratto nazionale, compreso l'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori. Si deve tenere presente che l'art. 18 è uno dei fondamenti della partecipazione sindacale e dell'esigibilità dei diritti contrattuali. Senza questa protezione saranno ulteriori i motivi di soggezione del lavoratore alle prevaricazioni e all'arbitrio". Il che, detto in parole povere, significa ricattabilità. Immaginatevi con che coraggio un sindacalista o un semplice dipendente può andare dal datore di lavoro a fare delle rimostranze, se sa che il capo può licenziarlo su due piedi cavandosela con tre mesi di stipendio aggiuntivo. Senza contare che in periodi di crisi come questo, il potere negoziale dei sindacati sta crollando vertiginosamente. Hai voglia di essere contrario a un contratto aziendale senza articolo 18: ma se l'imprenditore fa il Marchionne di turno mettendoti con le spalle al muro (o firmi oppure sposto la fabbrica in Polonia) tu povero sindacalista sei costretto a salvare il salvabile e chinare la testa. E allora il tempo di lottare non è domai, ma adesso, con la manovra e l'articolo 8 ancora in via di approvazione. Facciamolo per noi stessi. Facciamolo per non perdere la faccia davanti ai nostri figli, il giorno che ci chiederanno da che parte stavamo. O almeno facciamolo per la memoria dei nostri padri: le loro battaglie, le loro rinunce, le loro conquiste sociali. Non lasciamo che vengano sepolte in una fossa comune di indifferenza. 

6 commenti:

  1. parole sante visto quello che sta facendo Marchionne.

    RispondiElimina
  2. ora venite a dirci che avete arginato l'art. 8. I buoi stanno scappando e il bovaro dorme.

    RispondiElimina
  3. Le dichiarazioni di Marchionne tolgono ogni dubbio sull'opportunità di introdurre l'art.8.. Quando si sbaglia sarebbe onesto ammetterlo.

    RispondiElimina
  4. per chiarezza è bene precisare che l'art.8 è un'iniziativa del Governo e non voluto da tutti i Sindacati, ed il tentativo di renderlo inattuabile è stato fatto con l'accordo tra le parti sociali.

    RispondiElimina
  5. in questo paese diventa carente la certezza del diritto, la certezza di essere trattati tutti alla stessa maniera, ciò rende più agevole lo sfruttamento del lavoro.Oggi dove il lavoro è il bene primario non perchè ci permette di " mangiare" ma perchè elemento fondamentale della dignità umana la sua speculazione è molto più facile con l'art.8. IO posso al limite accettare che in stati di crisi si faccia, ma non posso accettare che un imprenditore italiano mi dica: se vuoi che io investa in Italia allora te devi. Ma l'unità, la solidarietà dove sono finite. La dottrina sociale a cui a volte la Cisl fa riferimento dove è finita? Ma aggiungo anche, quando Papa Ratzingher parla di relativismo non fa solo un discorso morale e filosofico, l'art.8 relativizza per legge la mia dignità di lavoratore all'esigenze dell'impresa, mi mette in un gradino inferiore dicendomi, se voui più investimenti allora...
    Quando si parlava di flessibilità del lavoro, cococo, cocopro,stage, lavoro ad ora si diceva che il lavoro flessibile avrebbe fatto emergere il lavoro sommerso favorendo più lavoro regolare per tutti. Oggi, vediamo come è finita, si paga per fare gli stage non solo per lavorare ma anche per avere crediti all'università.Siamo impazziti? un lavoro che non ti permette di fare famiglia che tipo di società costruirà. Vogliamo rimettere insieme i termini del nostro vivere e armonizzarli. Se no è vero, ci riempiamo la bocca dicendo di mettere l'uomo al centro della società, al centro dell'impresa, al centro di tutto, ma a novanta gradi.

    RispondiElimina
  6. E' vero che l'accordo è una iniziativa del Governo, ma se non ricordo male un importante leader sindacale ha detto che "su questa materia si fa troppo allarmismo". Se non basta la minaccia di "licenziamenti facili" su cosa si dovrebbero allertare i lavoratori? La norma garantiva una tutela individuale, ed è gravissimo, in linea di principio, che tale tutela sia stata delegata a terzi, chiunque essi siano. Plaudiamo quindi all'accordo interconfederale del 21 settembre che ha messo una pezza ad una legge vergognosa, ma sarebbe onesto riconoscere che è stato un errore sottovalutare il problema e soprattutto liquidare come "allarmisti" coloro che da subito si sono mobilitati contro il provvedimento.

    RispondiElimina

(si prega la sintesi)