mercoledì 13 marzo 2013

Non chiamateci evasori


Nel piazzale-parcheggio davanti alla sede della Regione Sardegna staziona da due anni uno spazio occupato: un tendone e un prefabbricato cresciuti sulle ceneri di dieci posti auto. Il Presidio di piazzale Trento è vivo ormai da due anni, grazie all’impegno di una ventina di cittadini cagliaritani. Sono piccoli imprenditori agricoli e artigiani, falegnami, muratori, persone che fino a qualche anno fa lavoravano e davano lavoro tramite le loro attività. Persone che adesso annaspano nella tempesta della crisi economica, rimasti a bocca asciutta, senza ordinativi e senza ricavi.


Niente soldi per pagare i contributi ai dipendenti, niente soldi per pagare le rate del mutuo alle banche, niente soldi per pagare l’Irap e gli altri tributi in capo alle imprese. E allora ecco che la tenaglia si stringe sempre di più intorno al collo dell’imprenditore: vengono a battere cassa l’Inps, la banca, Equitalia; ti incollano addosso il marchio infame del moroso, e allora salgono gli interessi, e poi partono le procedure di esecuzione forzata. Ti prendono l’automobile, ti prendono i macchinari e lo stabilimento produttivo per metterlo all’asta e rivalersi così dei tuoi debiti. Ed è lì che la crisi diventa dramma, specialmente quando la tua azienda si chiama fattoria, e all’interno dei terreni agricoli pignorati c’è anche la casa di campagna in cui vivi. La tua casa.  
Sono storie di dolore e di esasperazione che, sommate alla solitudine, possono portare a conseguenze estreme come il suicidio. L’epilogo invece è fortunatamente diverso quando gli imprenditori di uno stesso distretto solidarizzano fra di loro, trovando nel conforto reciproco la forza di resistere e andare avanti. Ed è proprio questo il caso del Presidio di piazzale Trento e dei suoi occupanti. “Mandiamo avanti questo spazio in centro città perché vogliamo rendere consapevoli le persone delle nostre storie e dei nostri problemi”, racconta Marco, che ha una ditta per installare pannelli solari: “Si fa presto a chiamarci evasori. Ma noi non lo siamo. Noi non scappiamo dal fisco o dalle banche: noi finché abbiamo potuto abbiamo pagato tutto, se adesso non lo facciamo più è perché materialmente non ce la facciamo”. Marco col suo racconto parte da lontano, e mi spiega come la crisi abbia morso in Sardegna molto prima che nel resto d’Italia. “La prima botta per gli imprenditori agricoli è arrivata nel 1994, quando la Commissione europea mise fuori legge le iniziative di sostegno al credito praticate dalla Regione nei confronti dei mutui erogati dal Banco di Sardegna alle aziende agricole sarde. Senza il cuscinetto della Regione gli interessi dei mutui sono schizzati all’insù anche di 9 punti percentuali, mettendo tanti piccoli produttori agricoli in seria difficoltà. E al danno si è aggiunta la beffa. Per tutti questi anni, dal 1994 fino al 2012, la Regione ha continuato a erogare al Banco di Sardegna decine e decine di milioni di euro; somme che la banca non poteva più concedere a noi imprenditori a causa del divieto dell’Unione Europea, ma che nemmeno si è degnata di restituire all’ente pubblico. La Regione ha ammesso lo scandalo solo lo scorso anno, scusandosi e dicendo che si è trattato di un errore. Noi siamo convinti invece che ci sia stata malafede, che su quei soldi destinati ai contadini ci abbiano mangiato i soliti noti, eppure la Procura non ha ancora fatto partire uno straccio di inchiesta”.
L’anno scorso (il 25 luglio 2012), quando una funzionaria della Regione ha ammesso pubblicamente la donazione ultra-milionaria e ultra-decennale al Banco di Sardegna non più vincolata ai prestiti produttivi, gli imprenditori del Presidio hanno risposto con una catena umana intorno alla sede centrale della principale banca isolana. “Le manifestazioni sono il nostro modo preferito di comunicare – spiega Maddalena, ragioniera senza stipendio da 4 mesi nonché moglie di Peppino, un impresario edile che lavora col contagocce – la nonviolenza è il nostro principale punto fermo; il resto lo fanno il nostro colore e la nostra creatività”. Così il Presidio si è fatto conoscere grazie a pacifiche azioni di disturbo condotte all’ingresso del tribunale di Cagliari i giorni in cui sono in programma le aste giudiziarie. Quando vengono messi in vendita al migliore offerente i macchinari e gli strumenti pignorati a imprenditori amici del Presidio, Marco Maddalena Peppino e gli altri organizzano davanti al palazzo di giustizia una specie di carnevale satirico, per denunciare l’accaduto e allontanare i potenziali acquirenti. Nel magazzino del presidio sono riposti i “ferri del mestiere”: manichini, maschere, striscioni, cappi stilizzati. E poi ci sono gli slogan diretti alle banche e a Equitalia: “Non ci suiciderete!”. Un can-can molto colorito e ben organizzato, che il più delle volte è riuscito ad attirare l’attenzione dei media locali e a mandare deserte le aste. La stessa tattica vincente è stata usata più di una volta il giorno delle esecuzioni forzate condotte sulle aziende agricole, in modo da respingere l’assalto dell’ufficiale giudiziario e salvare il piccolo agricoltore dallo sfratto.  In una di queste manifestazioni si è imbattuta lo scorso anno la curiosità di Giacomo, universitario di 20 anni che a Cagliari vive, studia scienze politiche e fa scautismo: “I miei genitori sono impiegati, quindi non vivevo direttamente in famiglia le problematiche dei piccoli imprenditori in crisi braccati dal fisco e dalle banche. Ma poi ho incontrato loro, e la loro lotta è diventata anche la mia”. Giacomo sorprende per lo stacco generazionale che lo separa dagli altri attivisti del Presidio, e sorprende soprattutto per l’entusiasmo di conoscere e di impegnarsi che trasmette all’interlocutore fin dal primo sguardo. La sua freschezza e la sua dimestichezza con le nuove tecnologie hanno dato al Presidio una marcia in più dal punto di vista comunicativo: dai filmati al profilo Facebook, che hanno favorito la saldatura con i movimenti “dal basso” attivi in altre zone d’Italia; non a caso nel tendone davanti alla Regione campeggiano, insieme alle bandiere immancabili dei Quattro Mori, anche quelle degli ambientalisti No Tav e degli antimilitaristi della campagna No F-35. “Insieme noi del Presidio facciamo un sacco di cose – mi racconta l’inesauribile Giacomo, accompagnandomi prima a cena e poi addirittura sull’autobus – abbiamo manifestato per far togliere il parcheggio a pagamento davanti all’ospedale di Cagliari, e poi per richiamare l’attenzione sull’area archeologica di Turixeddu, lasciata nel più assoluto degrado alle porte della città; abbiamo solidarizzato con  striscioni di incoraggiamento sotto casa di Salvatore Usala, un malato di Sla che recentemente si è battuto contro lo spauracchio dei tagli alla sanità del governo Monti, e qualche giorno dopo anche lui si è unito al Presidio venendoci a trovare. Insieme facciamo anche la spesa, da contadini nostri amici fuori città, e ci diamo una mano come in una grande famiglia”. La prossima sfida del Presidio è quella di affiancare alla tenda di piazzale Trento un altro cuore pulsante: stavolta non in città ma in campagna; un luogo abitabile 24 ore su 24, dove si possa coltivare non solo la terra ma anche un diverso stile di vita, più sostenibile e meno competitivo, da testimoniare e da raccontare agli ospiti che verrebbero a far visita: “Abbiamo già avuto un’occasione, una fattoria ci era stata offerta ma non eravamo ancora pronti per questo salto. Speriamo di avere presto un’altra possibilità. L’importante è continuare a cercare, senza stancarsi, senza mollare. Non a caso io ho scelto di studiare qui e di non lasciare la Sardegna”.
Tommaso Giani

     

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