sabato 9 febbraio 2013

Europa a due velocità


In Grecia immagini come questa continuano a essere all'ordine del giorno. Un gruppo di contadini di Atene dà appuntamento alla cittadinanza davanti al ministero dell'agricoltura per distribuire gratuitamente frutta e verdura. Centinaia di persone si ritrovano a fare a gara per mendicare un sacchetto di patate o di pomodori. Nonostante i ripetuti inviti alla calma il clima si surriscalda: la coda diventa rissa, alcune persone cadono a terra e rimangono pestate.

In Italia non siamo da meno, festeggiando (si fa per dire) il record assoluto di cassa integrazione: i sotto-occupati o disoccupati assistiti dall'Inps a gennaio e coinvolti in ristrutturazioni produttive sono saliti a 510mila, per un esborso complessivo per l'ente previdenziale di 89 milioni di euro mensili: più 61% rispetto al gennaio 2012.
In Germania invece troviamo l'altra faccia della medaglia. Nel 2012 la locomotiva tedesca ha celebrato il suo, di record: non di cassintegrati, bensì di esportazioni. Le merci prodotte nel paese teutonico e vendute all'estero sono aumentate in termini contabili del 3,4% rispetto all'anno precedente, raggiungendo in valore assoluto il tetto di 1100 miliardi di euro. L'aumento nell'export di Berlino riflette due tendenze opposte: una diminuzione delle vendite nel resto d'Europa piagata dalla recessione, più che compensata però da un aumento robusto degli affari nei paesi asiatici e americani.
Notizie che confermano il trend di un'Europa a due velocità, con una Germania che per ora continua a macinare crescita mentre Italia, Spagna, Grecia e compagnia sprofondano ogni giorno di più nell'impoverimento. In un articolo di oggi sulla prima pagina del Secolo XIX, l'economista Loretta Napoleoni e il giurista Paolo Becchi puntano il dito contro la moneta unica come principale responsabile di questa faglia economica in allargamento fra centro e periferia dell'Europa. I due autori denunciano l'euro in quanto gabbia unica per economie troppo differenti tra loro: un sistema che in assenza di trasferimenti fiscali compensativi  - nel nuovo bilancio Ue appena stilato l'Italia continuerà a contribuire in misura maggiore rispetto ai corrispondenti introiti da Bruxelles -  assicura alle economie più tecnologicamente avanzate e più efficienti un vantaggio competitivo sempre maggiore, spingendo i partner euromediterranei nella spirale dell'impoverimento. Becchi e Napoleoni concludono la loro analisi invocando l'introduzione di un euro a doppia velocità, utile a riflettere le diverse esigenze monetarie e fiscali all'interno dell'Unione europea. In parole povere, occorrerebbe dotare i paesi più colpiti dalla recessione di una moneta diversa da quella della Germania: un "euro dei poveri" gestito da una banca centrale diversa da Francoforte e disposta a svalutare massicciamente (come avvenuto nel 1992 con la lira, peraltro senza alcun effetto inflattivo) in modo da ridare fiato alla spesa pubblica e far tornare appetibili gli export dei relativi paesi. Becchi e Napoleoni vedono l'euro a due velocità come l'unica soluzione di compromesso possibile per evitare il ritorno tout-court alle valute nazionali, estrema ratio che diventerebbe indispensabile in caso di mancato accordo, per liberare i cosiddetti paesi Pigs dalla camicia di forza dell'austerity e dell'arretramento del ruolo dello stato nell'economia.  

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