martedì 15 gennaio 2013

Il potere delle banche centrali



Illuminante l'articolo di Federico Rampini su Repubblica di oggi. La tesi del celebre corrispondente dagli Usa del giornale del gruppo Espresso è che il ruolo delle banche centrali sia diventato decisivo nell'orientare le sorti delle rispettive economie d'area. La Fed americana sta stampando moneta a man bassa per finanziare il governo Obama e le sue politiche interventiste di rilancio della spesa pubblica e dell'occupazione. La banca centrale giapponese si sta orientando sullo stesso binario, con intensità forse ancora maggiore, almeno a giudicare dai programmi del neo-eletto premier conservatore Shinzo Abe: anche a Tokio infatti si parla di stampare moneta in quantità industriale; per deprezzare lo yen, rilanciare le esportazioni, e soprattutto per implentare un piano mastodontico di investimenti pubblici nel ramo edilizia e infrastrutture antisisma.

L'altro lato della medaglia è invece il ruolo conservativo giocato fino a oggi in Europa dalla Bce, svincolata dalla politica e controllata dalla banche centrali nazionali (e quindi dalle banche private dell'Eurozona); ostaggio in particolare dei falchi della Bundesbank, i veri ideologi dell'austerity prolungata. Per la Bce l'unico nemico da combattere si chiama inflazione, e lo statuto addirittura proibisce a Draghi e compagni di finanziare direttamente gli stati. La spesa pubblica, invece che un antidoto per riattivare i redditi e il lavoro, è considerata qui da noi come la fonte di tutti i mali: vedi Fiscal Compact, impegno di riduzione a colpi d'accetta il debito pubblico, appoggiato unanimamente in parlamento da Bersani e Berlusconi. Gli effetti della cura Frankestein di Francoforte si specchiano negli ultimi dati sulla produzione industriale dell'eurozona, crollata ai livelli minimi di 4 anni fa. Eppure in campagna elettorale si parla d'altro: Imu sì, Imu no; redditometro, diritti omosessuali. La dipartita da questa Unione Europea non è materia di dibattito né tantomeno carta coraggiosa da giocare per ottenere qualcosa di significativo durante i vertici con la Germania. Sia Pd che Pdl continuano a intessere ragionevoli auspici riguardo un'evoluzione della Bce in senso americano. Ma quello che manca è il piano B: cosa facciamo se a Berlino continuano a non ascoltarci?

Per leggere l'articolo di Federico Rampini, clicca qui
    

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