giovedì 19 gennaio 2012

La lezione di Rocco


Cambiare vita a 40 anni. Passare dalla parte della mafia a quella dello stato. Pentirsi, parlare, scoperchiare pentole, fare nomi e cognomi. Ritrovare dignità, consapevolezza, senso civico. Ricominciare. E' questa la storia di Rocco Varacalli, ex esponente della ndrangheta torinese arrestato nel 2006 e divenuto pochi mesi dopo collaboratore di giustizia. Rompendo il muro di omertà che tiene legati fra loro i boss anche da dietro le sbarre di un carcere, Rocco ha aperto davanti ai magistrati il libro della criminalità calabrese sotto la Mole. Grazie alle sue dichiarazioni, la procura di Torino ha pedinato, intercettato, incastrato e arrestato più di 150 persone: sindaci, imprenditori edili, baristi, autotrasportatori...


La storia di Rocco è balzata agli onori della cronaca nazionale domenica scorsa, durante la trasmissione di Raitre "Presa Diretta". Davanti alle telecamere il pentito di ndrangheta, che ora fa l'allevatore in una località protetta, ha accettato di parlare a volto scoperto. Intervistato da Domenico Iannacone, Rocco ha ripercorso la sua storia di figlio dell'Aspromonte: infanzia nel cuore della Locride, scuola lasciata a metà; e poi il trasferimento a Torino a casa dello zio, a 15 anni, a spezzarsi la schiena nelle costruzioni. La contiguità fra certe aziende edili ed economia illegale Rocco l'ha vissuta sulla propria pelle, il giorno in cui da un amico dell'impresario si sentì proporre un nuovo lavoro. Qualche sacchetto di eroina da nascondere sotto il letto, qualche viaggio da una parte all'altra della città, e nel giro di poche settimane il ragazzino si accorse di non vestire più i panni del muratore, bensì quelli del corriere della droga. Anni e anni di viaggi sempre più lunghi: dalla Calabria al Piemonte e ritorno; in treno, con la coca nascosta dentro la borsa dei panini; o in auto, con la ruota di scorta imbottita di polvere bianca.
Dopo cinque anni di efficientissimo contrabbando, Rocco fu improvvisamente convocato nel suo paese natale, Natile di Careri, per la cerimonia ufficiale della sua affiliazione. A festeggiare il nuovo picciotto insieme a capobastone e capolocale c'era pure il sindaco del paese. L'iniziale meraviglia di Rocco lasciò spazio al pragmatismo di un ragazzo che ormai aveva capito come farsi strada nell'organizzazione. Era a disposizione per i servizi più svariati: dal taglio e smistamento delle grandi partite di droga, all'assistenza per i familiari degli ndranghetisti in carcere. Da picciotto la carriera è proseguita fino al grado altolocato di "camorrista finalizzato": così Rocco partecipava alle riunioni, apriva porte e ormai non aveva più segreti sui vari businness della criminalità ndranghetistica a Torino.
Per questo la collaborazione di Rocco con la magistratura ha assunto un valore inestimabile. Il sacco da svuotare era molto, molto carico di nomi, luoghi e strategie. Il ruolo che il pentito Varacalli ricopriva nella cellula torinese della ndrangheta era abbastanza nevralgico da poter scoperchiare un intero sottobosco malavitoso. La procura ha acquisito un quadro della situazione stupefacente, arrivando a disegnare una mappa in cui ogni quartiere del capoluogo piemontese e ogni paesino dell'hinterland aveva le sue famiglie egemoniche, i suoi boss di riferimento e le sue basi logistiche. Le telecamere di "Presa Diretta" accompagnano Rocco davanti alle saracinesche abbassate del centralissimo bar Italia: "Ora il bar è sotto sequestro - spiega il pentito -  ma fino all'anno scorso qui ci riunivamo per decidere tutto". Vanno in onda le videoregistrazioni della polizia che documentano numerosi tete a tete fra boss e politici locali all'interno del famigerato bar Italia. La foto più compromettente è quella che immortala l'attuale assessore al lavoro della Regione Piemonte, Claudia Porchietto, a braccetto col boss n.1 della ndrangheta torinese Giuseppe Catalano, oggi in carcere insieme a decine di altri affiliati grazie alle ricostruzioni minuziose di Rocco Varacalli. "Di nomi ne avevo fatti molto più di 150, ma i magistrati sono riusciti a raccogliere prove sufficienti per procedere all'arresto solo di alcuni".
Un altro capitolo interessante dei racconti di Rocco riguarda il settore dell'edilizia, che insieme alla droga sta emergendo sempre più come parte integrante del core businness ndranghetistico piemontese. Il nostro immaginario era fermo ai cantieri interminabili della Salerno-Reggio Calabria. Invece scopriamo che anche in una città come Torino è la criminalità organizzata a mettere le mani su decine e decine di appalti milionari: dai centri commerciali alle strutture sportive delle Olimpiadi del 2006. Il ventre molle attraverso cui la criminalità si fa strada è la facile corruttibilità degli amministratori locali. La ndrangheta promette ai candidati un bacino di voti robusto e affidabile, grazie alla notevole influenza esercitata dai boss sulle numerosissime colonie di immigrati calabresi in Piemonte: nel comune di Santena, per esempio, i nati in Calabria costituiscono il 30% dei residenti; mettendo in conto anche le seconde generazioni si arriva a delineare una vera e propria oasi calabrese alle porte di Torino; parliamo di realtà sociali molto chiuse socialmente e molto sensibili agli input elettorali delle loro persone di fiducia. I voti promessi quindi arrivano, eccome se arrivano. In cambio però i boss calabresi vogliono essere pagati in moneta sonante, ovvero in appalti per le loro aziende edili. E' quello che è successo nel comune di Leinì, sempre nella cintura torinese, dove l'ex sindaco Nevio Coral è stato arrestato per concorso esterno in associazione mafiosa: era riuscito perfino, dopo tre legislature, a farsi succedere da suo figlio Ivano, che all'incarico di primo cittadino sommava pure (fino alle recenti dimissioni da sindaco) quello di consigliere provinciale. Durante il periodo delle giunte Coral senior e Coral junior, il comune di Leinì ha conosciuto un periodo di sviluppo urbanistico senza precedenti, con gli abitanti più che raddoppiati e i lavori affidati sempre alle solite ditte calabresi. La puntata di Presa Diretta manda in onda anche l'audio delle intercettazioni ambientali in cui boss ndranghetistici a cena con Coral senior mettono a punto nuovi appalti e nuove candidature.                  
In questo capolavoro giornalistico firmato da Riccardo Iacona, la cui presenza in Rai vale da sola il prezzo del canone, emerge tutta la pericolosità della criminalità organizzata in Italia: tutta la sua potenzialità di espansione, di ramificazione e di inquinamento delle nostre economie. Dal sud al nord al centro. Dall'usura al movimento terra, dall'edilizia alla politica. "La ndrangheta è fortissima nella misura in cui riesce a restare segreta", sintetizza Rocco, che oggi vive senza scorta e rischia costantemente la vita. Rocco ci insegna che la legalità dipende da noi, dal nostro coraggio di dire no, di non chinare la testa, di non sacrificare il bene comune nel braciere delle nostre convenienze personali. Rocco ci insegna che tutti noi, insieme, ce la possiamo fare.
Tommaso Giani     

1 commento:

  1. Queste sono le notizie che mi allungano la vita ...
    e le persone, l'affiliato alla mafia e il giornalista, con i loro comportamenti sono l'esempio da seguire, da riferimento ai giovani e soprattutto agli adulti.
    Se non si "ricomincia" a comportarci con onestà, con correttezza, con senso del dovere e del rispetto per gli altri, a partire dalle piccole cose, dalle azioni e scelte quotidiane, i giovani, i nostri figli, come potranno conoscere e condividere un modo diverso di affrontare i problemi e come potranno pensare di cambiare questo nostro mondo ?
    E è necessario cambiare in molti, perchè l'idea che hanno i giovani, e questo me l'ha detto chiaramente mio figlio, è che i pochi che danno queste testimonianze, prima o poi, vengono uccisi ...
    e a qualsiasi persona, tantopiù ad un giovane, la vita preme molto !!

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(si prega la sintesi)