giovedì 12 gennaio 2012

Gioco d'azzardo: chi vince davvero?




In Italia si spendono ogni anno per il gioco d'azzardo legale circa 75 miliardi di euro: è un triste primato a livello europeo, che non include fra l'altro il consistente giro d'affari di giochi e scommesse illegali, stimato per difetto in 10 miliardi di euro. Le cifre sono raccolte nel rapporto di Libera sul gioco d'azzardo in Italia. 75 miliardi sono una montagna di soldi: è più o meno l'equivalente della spesa sanitaria di stato e regioni. E parimenti enorme è il numero di giocatori assidui: circa 3 milioni, di cui 800mila afflitti da dipendenza.

Il fenomeno è percepibile anche a occhio nudo, ogni volta che entriamo in un bar o in una tabaccheria: le spie d'allarme sono signore insospettabili che sfregano uno dopo l'altro decine di cartoncini del Gratta e Vinci; sono padri di famiglia ottenebrati nello smanettare compulsivo alla mercé di macchinette mangiasoldi; sono paginate di giornali sportivi piene non più di notizie ma di quote e di consigli per le puntate più vantaggiose; sono sale e salette per le scommesse sportive pullulanti in ogni quartiere delle grandi città.
Il dilagare della febbre del gioco fa paura non solo per la sua capillarità, ma anche per la rapidità di diffusione. La prima data spartiacque è stata secondo Libera il 2004, anno dell'introduzione delle slot machine nei locali pubblici. I Monopoli di Stato hanno delegato la gestione e perfino i controlli a una decina di società private concessionarie. Una regolazione decisamente blanda ha permesso al businness del settore di installare macchinette praticamente ovunque: invece che circoscrivere l'attività in poche grandi sale da gioco, si è permesso ai mercanti di slot machine di penetrare dentro ogni bar e tabaccheria, con effetti sociali devastanti. Fra l'altro l'assenza pressoché totale di rigidità nei controlli fa perdere allo stato una quota importante delle giocate: esistono infatti delle semplici procedure per bloccare almeno temporaneamente i contatori che segnano il volume delle giocate e il conseguente ammontare spettante all'erario. E come se non bastasse, la sanzione per gli esercenti colti in fallo sono ridicole, circa 30mila euro: incasso che la stessa slot machine può incamerare nuovamente in sole 24 ore. Ma prima ancora dell'evasione fiscale c'è il terremoto etico. Con quale senso civico un barista può sopportare l'idea di vedere nel proprio locale decine di persone ogni giorno rovinarsi dietro quelle macchinette?
Un successivo step verso il proliferare del gioco d'azzardo è stato l'avvento dei giochi on-line. In Italia il via è stato dato dalle famose lenzuolate liberalizzatrici dell'ex ministro Pierluigi Bersani, nel 2008: da quel momento il poker on line e altri giochi simili sono diventati legali. Oggi anche questo businness è entrato pienamente a regime, come dimostra il martellamento pubblicitario che quotidianamente consiglia siti ad hoc con testimonial d'eccezione quali Totti e Buffon: una tentazione in più per chi ha voglia di scommettere somme crescenti senza nemmeno uscire di casa. Il giro d'affari dei giochi nazionali è in crescita vorticosa anche per le sale Bingo, mentre nuove frontiere della scommessa sono pronte ad essere abattute. Dal prossimo aprile infatti entreranno in funzione le lotterie istantanee nei supermercati, con le cassiere che inviteranno a "giocarsi il resto" e a lasciare il proprio recapito nella speranza di vincere fantastici premi e buoni spesa.
Lo stato da tutto questo manicomio legalizzato porta a casa circa 10 miliardi di euro l'anno. Una somma peraltro da controbilanciare con esternalità negative clamorose a livello sociale: il gioco d'azzardo rischia infatti di trasformarsi in una malattia; una nuova dipendenza alimentata dallo stato e contro cui lo stesso stato ha per ora le armi spuntate. "Le poche Asl che hanno allestito servizi e centri di recupero per giocatori compulsivi a oggi stanno agendo a livello autonomo - spiega don Luigi Ciotti, presidente di Libera - perché manca totalmente un quadro di riferimento a livello di politiche sanitarie nazionali o regionali"
Chi vince davvero sono quindi gli operatori privati che giganteggiano in uno dei pochissimi settori in controtendenza nonostante la crisi: in Italia il pallino del gioco è in mano a Lottomatica (socio di riferimento De Agostini) e Sisal (soci di riferimento: fondo Clessidra e famiglia Molo), affiancate da una miriade di società concessionarie facenti spesso capo a private equity di dubbia tracciabilità. E soprattutto, ahinoi, a guadagnarci è la criminalità organizzata, che muovendosi nel sottobosco e nelle maglie larghe della deregulation riesce a ritagliarsi spazi sempre maggiori: per esempio imponendo ad esercenti determinate macchinette taroccate, oppure prendendo direttamente in gestione i bar per infestarli di slot machine craccati, come documenta una recente inchiesta milanese portata avanti dal pm Ilda Boccassini sui movimenti del clan nranghetistico Lampada sotto la madonnina (da notare che uno degli elementi organici alla famiglia calabrese, Giulio Lampada, era stato addirittura insignito di un'alta onoreficienza in Vaticano con il cardinal Bertone gran cerimoniere). La criminalità usa inoltre i Gratta e Vinci come mezzo privilegiato per riciclare il denaro sporco: numerose inchieste infatti documentano come vari boss campani si offrano di acquistare i biglietti vincenti premiando i possessori con un surplus allettante.
Come uscire da questo gorgo? Il rapporto di Libera illustra le sue proposte legislative, miranti a restringere significativamente il perimetro del gioco legale, così da renderlo più controllabile e meno a portata di casalinga. Prima ancora però servirebbe una volontà politica forte, capace di abortire questa liberalizzazione scellerata. A noi società civile il compito di dar risalto al grido di Libera, per portare al centro dell'agenda politica la lotta all'ennesimo frutto avvelenato del capitalismo senza scrupoli.
Tommaso Giani                

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