martedì 25 settembre 2012

Ci hanno preso tutto


Rino Barca e Franco Bardi dieci giorni fa si sono arrampicati su una torre della fabbrica di alluminio Alcoa di Portovesme, per protestare contro la chiusura dello stabilimento sardo deciso dai vertici americani della multinazionale. Rino e Franco sono due operai e due delegati sindacali: Rino della Fim-Cisl, Franco della Fiom-Cgil. Hanno storie e posizioni diverse, ma la battaglia più estrema e più importante della loro vita lavorativa hanno voluto combatterla insieme, fianco a fianco, a decine di metri di altezza. Hanno attratto l'attenzione dei giornalisti e dell'opinione pubblica, ma alla fine hanno perso, scendendo dalla torre con un pugno di mosche in mano.

E' l'ennesima scena commovente e malinconica di un film già visto, replicato in troppe sale (pardon, in troppi capannoni) di tutte le regioni italiane. E' la storia della multinazionale matrigna che, dopo aver spremuto come un limone i finanziamenti pubblici e l'impegno dei lavoratori, un bel giorno decide di trasferirsi in un altro paese, alla ricerca di altri finanziamenti pubblici e di condizioni salariali più favorevoli. Succede con l'Alcoa che sposta la produzione di alluminio dalla Sardegna all'Arabia Saudita. Succede con la Fiat che preferisce la Serbia al Piemonte. E' successo con le calze Omsa (dalla Romagna sempre alla Serbia) e succederà ancora con chissà quante altre grandi firme industriali.
La forza della corrente neo-liberista è troppo forte per essere fermata da un gruppetto di sindacalisti volenterosi. Gli imprenditori dominus e i rispettivi manager senz'anima hanno il potere politico dalla loro parte. Per colpa dell'Unione europea nel 1999 ci siamo cacciati (senza neanche accorgercene) dentro un tritacarne chiamato Wto: Organizzazione mondiale del commercio; un consesso oligarchico che ha dichiarato ufficialmente guerra al protezionismo, a ogni tipo di protezionismo, riuscendo in quasi tutti i campi (dai brevetti sui farmaci ai servizi fino all'industria) a imporre le logiche del libero scambio su scala planetaria. I nostri leader politici, a partire da quelli del centro sinistra, tuttora si vantano di questo scempio che ci ha reso schiavi delle delocalizzazioni in serie. Gli unici che continuavano a parlare di dazi nei primi anni 2000 (in maniera forse un po' rozza, ma comprensibile) erano i leghisti e lo stesso ministro Tremonti. E noi paciosi "enricolettiani" giù a deriderli, quei cavernicoli retrogradi padani. Ma oggi dopo 13 anni di Wto cosa ci ritroviamo? Ci ritroviamo che l'azienda più osannata a livello mondiale, la super-tecnologica e californiana Apple, appalta la produzione di I-phone e I-pad a un'organizzazione semi-schiavistica cinese, dove le paghe sono da fame, gli straordinari obbligatori, i tassi di suicidi pazzeschi e lo stesso pernottamento avviene dentro dormitori interni ai capannoni: vedi sommosse di questi ultimi giorni represse nel sangue in una fabbrica di I-pad. Tutto questo per dire che protezionismo non è affatto una parolaccia, ma anzi si trattava dell'arma preventiva più importante in mano agli stati (e quindi alla collettività) per difendere la compatibilità fra diritto al lavoro e diritti sociali e ambientali. Per far entrare un prodotto sul mercato italiano o europeo dovrebbero vigere delle certificazioni attestanti uno standard minimo di tutela dei lavoratori e dell'ambiente. Peccato che l'Unione europea e i suoi paladini vedano questa eventualità come il fumo negli occhi. E allora noi cittadini comuni (noi che continuiamo a prendere bastonate dal Marchionne di turno) dovremmo cominciare a farci delle domande sull'utilità di restare bellamente agganciati a questo carrozzone comunitario, che da una parte ci vuole inermi di fronte alla libera circolazione delle merci (anche a costo di collassi sociali e ambientali) e dall'altra continua a strozzare la spesa pubblica al cappio del debito estero e senza la via d'uscita della sovranità monetaria e della svalutazione.
Tommaso Giani


 
  

2 commenti:

  1. ...finalmente un articolo intelligente, che spazza via l'impostazione ideologica del mercatismo condiviso da una sinistra succube e/o connivente.

    Ma se ci fossimo accorti prima che l'intera storia dell'Occidente è (per Severino) storia del nichilismo. La radicale distruzione dell'epistème operata da parte della filosofia contemporanea e la rapida ascesa della scienza moderna ai vertici del sapere sono conseguenze inevitabili di questa forma di pensiero (la civiltà della tecnica è, infatti, la forma estrema di volontà di potenza)?
    e che i frutti di questo momento storico sono lo sviluppo del pensiero di Hegel che preconizzava che il posto ed il ruolo delle chiese, nella società moderna, sarà sostituita dalle aule universitarie per un nuovo sapere che renderà libero l'uomo? Ma se queste teorie econometriche insegnate nelle aule universitarie ed applicate dai ns. manager...non ci portano piuttosto alla schiavitù ed alla povertà? a quando una nostra presa di coscienza?

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  2. Grazie dell'articolo, cosí riesco a capire meglio la situazione italiana!

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(si prega la sintesi)