mercoledì 22 agosto 2012

Atene, calma apparente


Costantinos Polycronopulos è un esperto di marketing aziendale: un anno fa ha perso il lavoro, finito come tanti altri nel tritacarne della crisi economica greca. Lo scorso inverno, girando per le strade della sua città, Atene, Costantinos è rimasto inorridito di fronte a una scena di ordinaria disperazione: due ragazzini attorcigliati in una rissa per contendersi una mela sporgente dal bidone della spazzatura. Da quel momento una molla esistenziale è scattata dentro di lui. Guardare dall'altra parte era diventato impossibile. Bisognava inventarsi qualcosa, organizzare una forma di resistenza. E così è nata l'idea della cucina popolare. Costantinos ha radunato intorno a sé decine di volontari, si è armato di viveri, fornelli e pentoloni, e ha cominciato (giorno dopo giorno, senza sosta) a battere i quartieri della capitale per distribuire pasti gratis e dignitosi. Col passare dei mesi il meccanismo si è sempre più strutturato, dotandosi di un sito internet e di un calendario aggiornato con cui informare commensali e volontari sui movimenti della cucina ambulante.

La mensa di Costantinos è una storia simbolo della crisi greca: una delle poche trincee aperte in città, un posto dove si rinuncia a nascondere la polvere sotto il tappeto, ma si prova a guardare in faccia la realtà e organizzare una reazione dal basso. Oggi però è agosto, e pure la cucina popolare è andata in ferie. Riprende a settembre, c'è scritto sul blog. Così le strade intorno all'Acropoli sono tornate in ordine: senza minestroni, senza mestoli e senza file di affamati. Piazza Sintagma, la sede del Parlamento e delle manifestazioni più arrabbiate degli ultimi anni, stamattina sprizza energia come se niente fosse: il traffico, i turisti, i negozi aperti, le vetrine scintillanti. E anche allontanandosi dall'Acropoli l'atmosfera non sembra peggiorare affatto: la fitta rete di tram e di treni metropolitani (eredità positiva dei giochi olimpici del 2004) trasmette ad Atene un tocco di modernità. Le strade non sono sporche né degradate. Il lungomare e le spiagge libere attrezzate pullulano di famiglie, la vita notturna è frenetica e andando a spasso nei quartieri della movida è difficilissimo trovare un tavolo libero fra i vari ristoranti e locali alla moda.
Le ferite causate dalla depressione economica e dalla "chemioterapia" dell'austerity ci sono, ma non si vedono a occhio nudo. Per capire meglio mi serve l'aiuto dell'angelo Dimitris, che in questi miei giorni ateniesi mi fa da guida e padrone di casa. Dimitris fa notare che i tavolini dei locali sono sì pieni, ma che la maggior parte dei ragazzi si limita a una semplice bevuta quando fino a poco tempo fa si concedeva anche la cena. Poi mi indica le lunghe file di taxi incolonnate in attesa di clienti davanti ai principali snodi viari: un tempo non era così, trovare un taxi era difficilissimo. E sempre a proposito di traffico: "Fino all'anno scorso, dovendo attraversare il centro in moto nel tragitto casa-lavoro, spessissimo finivo nella trappola di code e rallentamenti. Ora invece si fila via lisci come l'olio, vuol dire che c'è più gente che resta a casa o che non si muove coi mezzi privati".
Dimitris ha 49 anni, vive da solo in un quartiere vecchiotto di casupole arrampicate su una collina poco fuori il centro storico, e di lavoro fa l'impiegato di banca. Lavora nella Banca nazionale di Grecia, il più importante istituto di credito ellenico. "Guadagno 1900 euro al mese, sono un privilegiato, la nostra banca non ha subito i tagli degli stipendi sopportati dal settore pubblico. A peggiorare però è stata la situazione familiare: mia sorella ha perso il lavoro e ha divorziato, così parte del mio stipendio negli ultimi tempi va a lei e ai miei nipoti. Anche i risparmi si sono azzerati. Se domani avessi una spesa imprevista di 2mila euro non saprei letteralmente dove trovare i soldi".
Il lavoro allo sportello è un punto di osservazione importante per toccare con mano il deteriorarsi del reddito delle famiglie, in un contesto dove - fra licenziamenti pubblici e privati, tagli selvaggi al sistema sanitario (tanti farmaci salvavita, come le cure per i tumori, in Grecia non sono più mutuabili), sforbiciamento delle pensioni e degli stipendi statali - a salvarsi sono veramente in pochi. "Quasi tutte le famiglie con un mutuo sulle spalle sono in difficoltà con le rate. A tenere la situazione sotto controllo c'è una legge che vieta alle banche di pignorare le prime case. Per questo la crisi non ha provocato effetti devastanti dal punto di vista abitativo. Ma il timore è che con l'inasprirsi delle politiche di austerity anche questo paletto venga fatto saltare. E a quel punto si creerebbe un esercito di senza fissa dimora: forse sarà proprio l'abolizione di questa garanzia a far esplodere la crisi a livello generale. E dopo tutto non sarebbe nemmeno un male. Perché c'è bisogno di ribellarsi, contro questo sistema che ci sta divorando i diritti e il futuro, e per ora una ribellione sociale forte non c'è stata. Evidentemente la gente non sta ancora abbastanza male per scendere in piazza. E allora ci lamentiamo e imprechiamo, ma alla fine tiriamo avanti, andiamo al mare e votiamo Nuova Democrazia e Pasok".
La riflessione di Dimitris è per certi versi cinica, ma condivisibile, e tutto sommato applicabile anche alla situazione italiana. "Forse quando saremo davvero nel baratro la gente capirà che non bisogna fare finta di niente ma partecipare. Solo dal basso può nascere qualcosa di positivo per la democrazia greca. I partiti sono marci, non possiamo aspettarci niente di buono da loro". La società civile che resiste, quella della cucina di Costantinos o delle centinaia di insegnanti capaci di organizzare un servizio capillare di ripetizioni gratuite per gli studenti più svantaggiati, per ora fa fatica a mietere consensi di massa.  La maggior parte della Grecia continua a fare da spettatrice di fronte alle sabbie mobili che la stanno inghiottendo, in attesa di un colpo di scena che metta fine (nel bene e nel male) alla interminabile discesa agli inferi orchestrata da Berlino, Bruxelles e Francoforte. "Più passa il tempo, più l'esasperazione sale e più penso che l'uscita dall'euro sia necessaria - è il pensiero di Dimitris - così questa maledetta doccia scozzese finirà, e l'illusione di rimanere attaccati al treno del benessere e dello stile di vita passato lascerà spazio a una riflessione inevitabile su un nuovo modello di sviluppo. Il capitalismo neo-liberista è come un mostro carnivoro, che per vivere ha bisogno di ingrandirsi sempre di più, di spolpare, di scannare senza pietà chi e cosa gli sta vicino. Ha funzionato così con l'Europa ex sovietica dopo la caduta del muro, con il sud del mondo, e ora tocca a noi popoli ex privilegiati. Le grandi banche internazionali, i grandi poteri economici tedeschi ci stanno mangiando i diritti sociali, gli stipendi, tutto. E l'euro, questo euro, è uno strumento a loro funzionale. Prima di creare una nuova Grecia e una nuova Europa dobbiamo uscire da questo sistema autodistruttivo".
Tommaso Giani 

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