giovedì 23 maggio 2013

Ciao don Gallo



“Andrea! Ciao, com’è?”. “Allora bimbo, facciamo il punto”.
Non è facile, ora che non siamo più seduti a tu per tu in salone o in archivio. Non è più come prima, quando incrociavamo sguardi d’intesa frammisti a battute, commenti, confidenze, rassegne stampa, aneddoti; il tutto condito dalle tue boccate di sigaro cinematografiche e dai miei sbadigli sempre più difficili da domare, a mano a mano che la notte prendeva il largo. Abitudini spassose entrate improvvisamente nel libro dei ricordi, ora che apro la porta di San Benedetto e non ti vedo più. Andrea, ma dove sei?


Io so che ci sei. Non ti vedo ma ti sento, ti respiro. Del resto hai dato tutto te stesso per una vita intera: ti sei spremuto fino all’ultima energia, fino all’ultimo colloquio, fino all’ultimo palco, fino all’ultimo articolo, fino all’ultima messa; in corpo non ti è rimasto niente di inespresso o di messo da parte. La morte ha suonato il gong, è venuta, ma te l’hai fregata, perché ormai non c’era più niente da portare via. Avevi già lasciato tutto a noi.
Mi piace pensarti come sparso a macchia d’olio, con un pezzetto di te che continua a vivere nei cuori di ciascuno di noi, tuoi compagni di strada. A me per esempio hai lasciato un tesoro immenso: una traccia, un modello di vita da seguire. Questi otto anni passati insieme mi hanno fatto innamorare del Vangelo di Gesù e del modo in cui tu, sacerdote, lo annunciavi e lo vivevi. In comunità mi hai aperto gli occhi e mi hai fatto capire che per essere felici bisogna imparare a condividere. Sforzarsi di mettere in comune il più possibile: i beni materiali, il tempo, gli ideali, le paure, la sofferenza, le passioni, la cultura, l’entusiasmo. Perché solo facendo le cose insieme ci si sente davvero liberi, umani, e il chicco di grano marcisce, e dà frutto, e la vita passa di mano, e non finisce.
Mi hai fatto riscoprire la figura del prete grazie al tuo talento da fuoriclasse nello spezzare il pane ovunque: in chiesa, ma anche e soprattutto per strada. Nelle scuole e ai campi scout, nei teatri e nei bassi dei transessuali, ai concerti delle rockstar e nei centri islamici, alle riunioni degli industriali e nei ricoveri per pazienti psichiatrici, ai dibattiti politici in televisione e allo stadio sotto la gradinata nord, nei salotti buoni e nelle periferie esistenziali della nostra Genova adorata, dove cercavi Gesù fra i tossici, i portuali, le prostitute e le canzoni di De André. Eri innamorato dell’umanità e volevi abbracciarla tutta, senza giudicare,  senza escludere niente e nessuno. Avevi fame di giustizia sociale, sei sceso in piazza migliaia di volte a cantare Bella Ciao e a difendere i diritti dei più deboli, dei migranti, delle donne, dei detenuti; eppure non ti sei mai rifugiato sulla torre d’avorio di certi intellettuali snob: a te piacevano anche le parolacce, te avevi voglia anche di parlare del Genoa col pescivendolo di via Gramsci, o di fare le ore piccole in trattoria con un artista al termine del suo spettacolo. Anche per questo mi hai conquistato: hai fatto del tuo essere prete non una camicia di forza ma un passpartout, per far saltare i pregiudizi e costruire ponti fra diverse provenienze e classi sociali. Hai lottato rimanendo sempre coerente al valore evangelico della povertà, hai sofferto molte volte al fianco della nostra comunità disordinata, ma alla fine ti sei anche divertito. Tanto.
Voglio ricordarti con quel sorriso da giamburrasca che sfoggiavi quando concludevi i tuoi “one man show” srotolando la bandiera della pace; oppure col candore di quando battezzavi i bambini inneggiando al fiume in piena della vita, e chiamavi l’applauso delle persone radunate in cerchio intorno all’altare. Alla fine dell’eucarestia ci salutavi sempre dicendo: “La messa non è finita, la messa comincia”. E infatti la nostra partita si gioca là fuori, una volta usciti dalla chiesa, dove ci aspetta un regno di pace e di giustizia da testimoniare e da costruire insieme. E allora forza, rimbocchiamoci le maniche, su la testa, don Gallo siamo noi.                             
  Tommaso Giani 

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